Coronavirus, Oms: la metà dei decessi in Europa avvenuti nelle case di cura
Un quadro profondamente preoccupante. Così il direttore regionale dell’Oms Europa, Hans Kluge, disegna la cornice delle case di cura, osservate speciali dell’ondata epidemica da coronavirus.
Fino alla metà dei decessi avvenuti per Covid-19 in Europa si è registrata infatti proprio nelle strutture di assistenza a lungo termine. “Questa è una tragedia umana inimmaginabile” ha detto Kluge fornendo i dati durante una conferenza stampa virtuale.
“Vorrei dire ai molti che stanno vivendo questa perdita, che i miei pensieri sono con loro – ha quindi aggiunto – L’età avanzata dei pazienti, le loro condizioni di salute di base, i problemi cognitivi nella comprensione e nel seguire i consigli di sanità e di igiene dovuti a disabilità intellettiva o a demenza, sono tutti fattori che mettono queste persone a maggior rischio. In più, a molti è impedito di ricevere visite da familiari e amici e a volte sono oggetto di minacce, abusi e abbandono.
Ugualmente preoccupante – ha sottolineato Kluge – è il modo in cui operano tali strutture di cura, il modo in cui i pazienti ricevono assistenza, che sta fornendo percorsi per la diffusione del virus. E’ importante ricordare che anche le persone molto anziane e fragili, affette da molteplici malattie croniche hanno buone possibilità di guarigione se vengono ben curate”.
“C’è un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire”, ha aggiunto il direttore dell’Oms Europa sottolineando che “le persone compassionevoli e dedicate che lavorano in quelle strutture – spesso sovraccaricate di lavoro, sotto pagate e prive di protezione adeguata – sono gli eroi di questa pandemia”.
Un problema che coinvolge anche l’Italia dove sono numerosi gli anziani morti nelle case di riposo. Pochi giorni fa l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha diffuso il terzo rapporto sui contagi nelle strutture residenziali e sociosanitarie. Dal primo febbraio al 14 aprile 2020 ci sono stati 6.773 decessi tra i residenti. Nel 40,2 per cento dei casi (2.724 s 6.773) le morti sono avvenute per Covid-19 o manifestazioni simil-influenzali.
Quanto alla fase 2, Kluge ha specificato come “il ritorno alla normalità dovrà essere graduale e dovrà tenere conto delle linee guida Oms presentate ai ministri della Salute venerdì scorso”. “Ogni segnale che ci indica che il virus viene controllato, gestito, mitigato è un buon segnale. Tuttavia – ha ammesso – il mio messaggio oggi rimane quello di avere cautela. La compiacenza potrebbe essere il nostro peggior nemico in questo momento. Non possiamo permetterci di credere di essere al sicuro e protetti: eventuali misure per allentare le regole di distanziamento sociale e fisico devono essere attentamente valutate e attuate gradualmente. Anche i cittadini devono comprendere i rischi intrinseci nel momento in cui i governi, comprensibilmente, cercano di abbassare la pressione che si sta accumulando nelle società per la preoccupazione per le nostre rispettive economie”.
“Questa non è un’uscita” dall’emergenza “non esiste una strada veloce per avere una nuova normalità. La domanda non è se ci sarà una seconda ondata, la domanda è se impareremo dalla lezione che abbiamo avuto finora, e cioè quella che bisogna lavorare tra un’ondata e l’altra per rafforzare la risposta dei sistemi pensando agli scenari peggiori”. Dunque l’appello di Kluge a tutti i Paesi di “mantenersi saldi sulle strategie che sappiamo funzionare contro questo virus – identificazione, isolamento, test, tracciamento dei contatti e quarantena – monitorando costantemente l’efficacia delle misure in atto”.