Il Covid-19 costa l’8,84% alle aziende nel primo trimestre. Sarà peggio nel prossimo
A pesare sui dati della produzione industriale vicentina del primo trimestre del 2020 è il mese di marzo in particolare, sull’onda delle crisi a causa dell’epidemia coronavirus. Al picco verso il basso del mercato interno italiano fa solo parzialmente da contraltare quello europeo e internazionale secondo Confindustria Vicenza, che diffonde dati e percentuali a fotografare lo status quo che preoccupa e non poco i grandi investitori e imprenditori veneti. L’effetto Covid-19 sancisce un calo complessivo del 8,84%, numeri destinati a dilatarsi quando si parlerà di semestre con le conseguenze del lockdown.
L’indagine congiunturale n°147 prodotta dallo studio commissionato offre molti altri spunti, in attesa della concretizzazione del nuovo decreto del Consiglio dei Ministri in fase di promulgazione in queste ore. La produzione industriale del campione di aziende vicentine, infatti, fa segnare un -8,84% rispetto al trimestre 2019. Nel periodo gennaio-marzo 2020, a fronte del 18% delle aziende che dichiara aumenti di produzione (era il 33% in quello scorso), il 62% delle ditte evidenzia cali produttivi (era il 32% a fine 2019).
Le vendite sul mercato interno crollano: -8,74% rispetto al medesimo arco del 2019. L’export verso i mercati extra Ue fa segnare un -4,5% rispetto al primo semestre 2019 che partiva già ‘basso’ visto anche allora il calo fu del 4,2% rispetto al 2018, che invece fu un anno da record. Le perdite sono più contenute, ma cospicue, nell’ambito dei mercati Ue che fanno segnare un -3,54% rispetto ad un primo trimestre 2019(fu +3,05% allora). Quindi, in termini assoluti, la situazione dei mercati europei è di gran lunga migliore.
“Questo Paese è da decenni che non fa i compiti a casa e si trova ora con il fiato cortissimo per poter affrontare la crisi con mezzi che sono vecchi e inappropriati – così si apre la nota a firma del presidente Luciano Vescovi -. Il Sistema Paese ha assoluta necessità che quello che un tempo veniva chiamato ‘decreto aprile’ sia efficace, ossia di immediata e semplice applicazione e non frutto di un approccio cervellotico e burocratico come sempre. Non vorremmo che dietro alle consuete complicazioni ci fosse la malcelata volontà di rendere impossibile o ancor peggio inutile l’accesso ai contributi, in modo da minimizzare le uscite di cassa per lo Stato“.
Riguardo all’occupazione si segna una diminuzione dello 0,28% nel periodo esaminato. Il 66% delle aziende dichiara di aver mantenuto inalterato il proprio livello occupazionale, il 15% l’ha aumentato, mentre il 19% ha ridotto la propria forza lavoro.
“Dopo il cosiddetto ‘anno bellissimo’, il 2019, che ci è valso l’entrata nell’economia dello zero – continua – il primo trimestre 2020 ci mostra cali che non si vedevano dal 2009, che fu l’anno peggiore di crisi. Però bisogna essere oggettivi, i due momenti non vanno paragonati perché le cause sono chiaramente diverse e quindi anche le risposte devono essere diverse. pur fornendo da parametri utili”.
Un ultimo dato significativo: le aziende che denunciano un livello produttivo insoddisfacente rappresentano il 59%. “I dati sono tremendi ma non potevamo certo aspettarci qualcosa di diverso – commenta Vescovi -. Bisogna agire subito perché questi dati sono la somma di un gennaio che non fu per nulla male, di un febbraio che ha visto il primo contagio italiano solo a fine mese e di un lockdown che è ufficialmente partito col Dpcm del 22 marzo. Parliamo quindi di un trimestre in cui, tra difficoltà inimmaginabili e un mercato internazionale bloccato per le nostre aziende che sono le più esportatrici d’Italia, si è comunque in parte lavorato. Deve essere chiaro fin d’ora che aprile e maggio saranno molto peggio, quindi l’impatto su fatturati e incassi si manifesteranno in modo violento a giugno e luglio. Per ora è ancora l’Europa che ci salva, oltre agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE che ci stanno letteralmente salvano i conti, è il mercato unico che si dimostra imprescindibile per un tessuto economico che si basa sull’industria e sull’export per sostentare il Paese”.
Sul rapporto tra Italia ed Europa, poi, Vescovi lancia un appello pragmatico e chiaro a Governo e Parlamento, maggioranza e opposizione: “A nessuno è piaciuto il ridicolo balletto di Bruxelles e non si capisce cosa si stia aspettando a ratificare l’accordo sul Mes che permetterebbe di finanziare il Sistema Sanitario Nazionale a prezzi veramente bassissimi (si stimano risparmi di almeno 7 miliardi). A questo punto, come già proposto dal presidente designato di Confindustria Bonomi, si aprirebbe immediatamente l’opportunità di eliminare l’Irap, tassa che finanzia proprio la sanità la quale però, col Mes, sarebbe al sicuro. Un automatismo che quindi non colpirebbe la sanità e darebbe respiro immediato alle imprese permettendo loro di risalire la china. Con le condizioni ad oggi stabilite non c’è un minuto da perdere in chiacchiere”.