Il mio volo Roma-Tokyo, la relazione finale
31 maggio 1920 – 31 maggio 2020. Cento anni dopo, l’impresa di Arturo Ferrarin, pilota thienese dell’aviazione italiana, di volare da Roma a Tokyo su un bibplano Ansaldo SVA 9, si conclude con un arrivo trionfale nella capitale nipponica. Era partito da Roma il 14 febbraio dello stesso anno. L’Eco Vicentino ne ha raccontato l’impresa con 17 puntate in podcast (ascoltabili qui), realizzate in collaborazione con il Comune di Thiene. Episodi che si fermano dove finisce il suo diario, ossia sui cieli della Cina.
Dopo la partenza da Canton, infatti, Ferrarin durante le tappe cinesi era stato accolto ogni volta da festeggiamenti che duravano giorni: Foowchow, Shanghai, Tsingtao, Pechino, Kow Pangtzu, Shingishu; e poi, in Corea, con le tappe di Seoul e Taegu; infine il Giappone, con l’arrivo ad Osaka e quindi l’atterraggio a Tokyo, esattamente il 31 maggio 1920. Più aumentavano i festeggiamenti, però, più il diario dell’aviatore thienese si diradava.
Possono la gloria e gli onori velare di tristezza l’impresa? “Stavo diventando l’idolo e la vittima della folla – scrive Ferrarin – e non dite che sono un dio, io sono un piccolo uomo fortunato; non sono un predestinato, come volete farmi credere. Non ditelo, per non perdere la gioia della partita vinta”.
Le ultime tappe prima dell’arrivo sono quindi affidate alla relazione ufficiale, che riportiamo qui di seguito.
RELAZIONE UFFICIALE
Ferrarin riceve a Foochow un telegramma, che il campo di tappa, stabilito nell’ippodromo di Shanghai, non è usabile, fino a quando non siano terminate le corse che si stanno, in quei giorni, ivi svolgendo. Il campo di Foochow è sprovvisto di hangars, e la pioggia, cadendo abbondantemente, tormenta l’apparecchio che è unicamente coperto da tende. Il campo viene allagato dalle piogge, che peggiorano le condizioni del terreno, che, d’altra parte, è limitato. Durante il soggiorno di Ferrarin molte cordialità gli sono usate, dalla Colonia Italiana e dalle Autorità, le quale consegnano una decorazione commemorativa ed altri ricordi. Il giorno 2, avendo avuto notizia che le corse sono terminate e che il campo è libero, parte da Foochow, dove il decollaggio non è facile a causa del terreno, reso pantanoso dalle recenti piogge.
Il tempo, che si è schiarito, favorisce il volo di Ferrarin che, da Foochow a Shanghai, realizza la sua più bella tappa. Il tempo splendido, la temperatura mite, l’aria calda, la visibilità perfetta, gli permettono di gustare i bei panorami che passano sotto le sue ali e che tagliano rapidamente l’azzurro. Attraversa il golfo che precede Shanghai per un 60 o 70 chilometri di mare, poi Shanghai gli appare adagiata sul grande fiume, vasta e popolosa. Ferrarin è arrivato con circa mezz’ora di anticipo sul tempo preveduto, e ne approfitta per fare due giri a bassa quota sulla città, prima di atterrare. Si porta quindi sul campo, e sfiorando le tribune dell’ippodromo atterra fra le acclamazioni del numeroso pubblico accorso. Le Autorità e la Colonia Italiana accolgono cordialmente il pilota, che trova innanzi a sé un programma già prestabilito per sette giorni di festeggiamenti, durante i quali i nostri piloti sono fatti segno a cordialità di ogni genere, non escluso delle decorazioni commemorative e dei magnifici doni.
Un telegramma da Calcutta ci annuncia che il capitano Ranza, rotto l’apparecchio di riserva del campo tappa di Calcutta, per una panne in partenza, non può più proseguire, essendone tutte le altre tappe sprovviste. Trascorsi i 7 giorni, Ferrarin parte per Tsingtao ove lo attende un altro programma di festeggiamenti a data fissa. Verso le 10 del giorno 9, Ferrarin parte e trova l’aria molto perturbata: grandi perturbazioni d’aria fanno avere all’apparecchio sbalzi e ondulazioni ritmiche. Il viaggio si svolge monotono e senza speciali particolarità lungo la costa su dune deserte. Tsingtao è facilmente riconosciuta dal pilota per la caratteristica insenatura. Dopo sei ore di volo, dovuto al forte vento contrario incontrato, Ferrarin atterra nel campo tappa di Tsingtao, accolto da numerosissima folla e, per la prima volta, ufficialmente dalle Autorità giapponesi che, cordialmente, portano il primo saluto della loro Nazione: meta ultima del grande viaggio. Il Governatore di Tsingtao offre a Ferrarin ed al motorista Capannini una medaglia commemorativa. Un programma di tre giorni di festeggiamenti attende il pilota. Un telegramma da Pechino informa che anche colà è stabilito un programma di accoglienze, e che per essere in accordo con questo programma gli apparecchi dovranno arrivare colà il giorno 17. Ferrarin decide di sostare in Tsingtao fino al giorno designato. Durante questo soggiorno le Autorità giapponesi mostrano a Ferrarin i resti delle organizzazioni militari tedesche di Tsingtao, che confermano una volta di più il valore delle operazioni militari giapponesi in questo settore della Grande Guerra.
Il giorno 17, come stabilito, Ferrarin parte da Tsingtao salutato dalle autorità e da grande folla. Il viaggio da Tsingtao a Pechino si svolge regolarmente su terreno facile, solo un po’ di pioggia coglie Ferrarin durante la strada. Passa su Tientsin, getta dei manifesti che gli erano stati consegnati a Tsingtao, e si abbassa per salutare la Regia Nave Caboto, che è all’ancoraggio in rada, acclamato dagli hurrà dell’equipaggio. Mezz’ora dopo è sul campo di Pechino dove una folla enorme lo attende. Il Ministro Giapponese, il Ministro Italiano, il Comandante l’Aviazione Militare Cinese, Generale Tiu, salutano calorosamente il nostro pilota al suo arrivo. Il Maestro di Cerimonie consegna a Ferrarin l’Ordine della Tigre di terzo grado a nome del Presidente della Repubblica. Il motorista è egualmente decorato con un’alta onorificenza.
Lo stesso giorno dell’arrivo di Ferrarin era pure previsto quello di Masiero che era partito da Shanghai con l’intenzione di fare una sola tappa. Verso sera arriva un telegramma annunciante l’atterraggio di Masiero a Tsingtao. Il tempo favorevole, con forte vento in coda, fa fare una forte media oraria a Masiero che decide di atterrare a Tsingtao, non volendo saltare la prima tappa giapponese. Riparte l’indomani mattina da Tsingtao, con tempo favorevole, ma a due terzi della strada la rottura di un perno del bilanciere di una valvola lo obbliga ad atterrare sulla spiaggia. Deve recarsi a piedi fino al primo centro abitato per procurarsi il necessario per riparare la piccola avaria. Riesce a trovare quanto desiderava e sei ore dopo riparte per Pechino, dove arriva poco dopo il tramonto. Non avendo sue notizie il pubblico non lo attendeva al campo. I piloti sono presentati al Presidente della Repubblica, pranzi e ricevimenti si moltiplicano in loro onore. Una conferenza letta innanzi a numeroso pubblico illustra le vicende del raid. Il Comandante l’Aviazione Cinese esprime il desiderio di fare un volo. Il Tenente Ferrarin fa fare al Generale il giro sul campo entusiasmando.
Dopo sette giorni Ferrarin parte per Tsingsu. Masiero attende a partire, perché non essendoci più apparecchi di ricambio nelle tappe successive si vuole essere più sicuri che un’eventuale rottura non impedisca al Ferrarin di completare il raid fino allora integralmente compiuto. Alla partenza Ferrarin sorvola la città e lancia dei manifesti di saluto. Incontra dopo mezz’ora di volo le mura che segue fino al mare. Prende quindi la ferrovia che lo costeggia fino al campo intermedio di Kun-Tse, che avrebbe forse saltato, se un forte vento in prora non gli avesse fortemente ridotta la velocità e non avesse sentito il bisogno di riparare a causa dei violenti sbalzi subiti nel volo, che anche questa volta lo hanno costretto a soffrire il mal di mare. Molta folla accoglie il pilota all’arrivo. Il Governatore del Distretto consegna al pilota una decorazione commemorativa. Riparte poco dopo e indisturbato arriva a Tsingsu un’ora e mezza più tardi, entrando in territorio giapponese. Il pubblico che aveva atteso fino alle 6, e che più non pensava di vederlo arrivare, accorre al campo dal rumore del motore. È caratteristica la vista che presenta al pilota dall’alto il gremirsi, improvviso, di tutte le strade dei costumi bianchi coreani. Al campo l’apparecchio è immediatamente circondato da un’enorme folla, a stento tenuta dai soldati giapponesi disposti per l’ordine pubblico. Il delegato per la Commissione giapponese presenta al pilota il benvenuto e, col saluto augurale dell’Aviazione Militare Giapponese, una medaglia d’oro commemorativa di ricordo che venne anche offerta a Capannini.
L’indomani le notizie del tempo a Seoul sono sfavorevoli. Rimanda quindi la partenza al giorno dopo. Masiero intanto aveva lasciato Pechino, e dopo un atterraggio a Kun-Tan-Tsa, dove aveva passata la notte, era partito quella stessa mattina all’alba per Tsingsu e vi arrivava mentre Ferrarin stava per ripartire. Questi, dovendo lanciare dei manifestini sui centri abitati che incontrava sul percorso, parte senza attendere il termine del rifornimento del Masiero. Masiero, rifornito l’apparecchio, s’innalza facendo rotta direttamente su Seoul. Ferrarin segue la ferrovia ed esegue la missione avuta lanciando manifestini su tutti i centri abitati che incontra. L’aria è buona, il terreno sottostante è montagnoso ed accidentato, il volo non offre nulla di anormale. Masiero, come si è detto, ha puntato direttamente su Seoul, e vi arriva alle 11 e un quarto circa. Un quarto d’ora dopo anche Ferrarin plana sul campo di Seoul. Anche qui un immenso pubblico e tutte le Autorità Civili e Militari sono sul luogo. Un programma di tre giorni di festeggiamenti dimostra ai nostri piloti con quale animo sia accolto, nel Giappone, il messaggio di amicizia che l’Italia invia, e lasciano immaginare l’impazienza con cui tutto il popolo dell’Impero attende il compimento della grande impresa. Al secondo giorno di permanenza, un forte vento si leva che scoperchia e danneggia l’improvviso ricovero degli apparecchi, i quali devono essere ancorati per non subire avarie.
Tre giorni dopo, il 28 maggio, i due piloti prendono il volo per Taiku alle 10 circa del mattino, e vi arrivano, dopo due ore di volo regolare, seguendo la ferrovia. A Taiku, presi gli accordi con le Autorità navali per la scorta fornita dalla Marina Imperiale Giapponese, vennero minutamente verificati i motori per la traversata del canale di Tsushima. Alle 6.30 gli apparecchi sono in volo, mentre grosse nuvole sparse limitano da ogni parte a visibilità. I piloti lasciano sulla dritta Fusan, e si mettono in rotta per la traversata del canale. Gli apparecchi navigano a una quota di 1500 metri. Dagli squarci delle nuvole si intravede il mare del Giappone e due dei tre cacciatorpediniere di scorta che, secondo le convenzioni stabilite, innalzano regolarmente alti pennacchi di fumo nero. Il diradarsi delle nuvole della costa opposta mostra ai nostri piloti le verdeggianti isole dell’Impero, meta ultima del grande viaggio.
Alle 8 e mezza il canale è attraversato e gli apparecchi puntano direttamente su Osaka seguendo la strada prescritta. Il paesaggio giapponese che si svolge sotto gli occhi dei nostri piloti è ubertoso e magnifico. Da lontano una caligine nera annuncia la laboriosa città di Osaka, le cui innumerevoli officine si rivelano per i lunghi comignoli fumicanti. Ed è il Giappone dell’industria e del lavoro, il Giappone che si avanza nella civiltà con passi da gigante, che appare agli occhi dei nostri piloti, dopo i campi, in cui i templi tranquilli e solitari nascosti nel verde testimoniano la civiltà secolare dell’Impero del Sol Levante. A piccola distanza di tempo, l’uno dall’altro, atterrano i due apparecchi ad Osaka, acclamati dalla folla innumerevole: fiori e doni sono loro offerti, cordialità senza fine, ed ammirazione sincera commuovono i quattro aviatori. Incalza il desiderio di raggiungere l’estrema meta. L’indomani mattina, dopo una breve visita ai motori, alle 10 gli apparecchi partono alla volta di Tokyo. Nebbia, vento e pioggia li ostacolano. L’ultima tappa è dura, ma la volontà temprata dalle difficoltà superate, supera anche questa. Masiero con apparecchio più fresco e quindi più veloce tira dritto fra le montagne. Le nuvole e la pioggia lo costringono a cercare la visibilità a bassa quota. Girando fra le valli, a pochi metri dagli alberi, spunta sul mare, segue la costa, e intravede Tokyo. Poco dopo vi è sopra e plana nel campo di Yoyogi, dove fin dalla prima mattina una folla compatta e paziente aspetta fidente l’arrivo delle ali tricolori.
Sicuro di poter seguire Masiero che fa strada, Ferrarin non si preoccupa del controllo della rotta e nelle montagne, fra le nuvole, perde il compagno che scompare fra la nebbia. Dopo circa un’ora di viaggio senza visibilità del terreno, cerca al di sotto delle nubi un riferimento. Poco lontano un grande campo di aviazione con grandi hangars si offre al suo sguardo. Vi plana per domandare informazioni. Un piccolo rifornimento supplementare in previsione di un’altra eventuale dispersione nella nebbia, e riparte subito per Tokyo, che raggiunge un’ora e un quarto dopo l’arrivo di Masiero. La grande meta è raggiunta: gli entusiastici banzai! del popolo giapponese, raccolto a Yoyogi hanno acclamato il successo del grande cimento. Il sogno di un Poeta ha avuto il 31 maggio la sua realizzazione! Dalla civiltà secolare di Roma alla civiltà secolare del secolare Impero del Sol Levante, la prima comunione per le vie dell’aria è stata lanciata, e un tenue filo, non più ideale ma reale, ha congiunto i due paesi. Il 31 maggio il popolo giapponese ha sentito e profondamente compreso l’importanza di questo grande fatto storico. Il cammino verso il progresso è caratterizzato da tentativi in cui l’audacia supplisce all’incertezza della via da seguire. Anime giovani ed entusiaste sono sempre quelle che indicano la strada alle moltitudini, e le incertezze e manchevolezze delle prime prove, corrette dall’esperienza delle anime audaci, rendono il cammino agevole alle masse che seguono. Anche quest’ultimo grande cimento, come tutti i tentativi, ha le sue manchevolezze che sono scuola per il futuro. A noi spetta il compito di correggere queste manchevolezze e profittare dell’esperienza per far fare all’uomo un altro grande passo verso il progresso.
Il raid Roma-Tokyo non deve essere seme infecondo. La prova ha esplorato la strada e, agli esperti, ha indicato le difficoltà e la maniera di superarle. Il lavoro paziente, di critica e di ricostruzione, darà la reale e pratica possibilità di rapide comunicazioni fra l’Italia, molo aereo dell’Europa, e il Giappone, polo e molo primo della civiltà orientale. La tecnica, che avanza a rapidi passi facendo tesoro dell’esperienza compiuta, mette già ora a disposizione le ali più robuste, più rapide e più sicure di quelle che hanno trasportato qui i due audaci pionieri. Con le ali nuove e con sapiente e larga predisposizione, le 116 ore di volo che hanno qui condotto Ferrarin potranno essere ridotte di più di un quinto. Non è parto di fantasia ma possibilità reale pensare ad un’organizzazione che distribuendo sulla strada un numero sufficiente di grandi stazioni, largamente dotate, e di piccole stazioni di tappa, possa preparare il volo successivo agli apparecchi rapidi e capaci che sormontino la distanza di un periodo non superiore ai dieci giorni. È ragionevole prevedere che la tecnica aeronautica, che avanza ogni giorno con passo sicuro, possa raccorciare notevolmente questo periodo ora calcolato con sufficiente larghezza. L’Italia, con gesto latinamente generoso e tradizionale nella storia della sua razza, ha lanciato il seme che deve germogliare e fruttificare.
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“Il mio volo Roma-Tokyo” è un progetto del Comune di Thiene e di Eco Vicentino in occasione del Centenario della trasvolata di Arturo Ferrarin, pilota thienese. Ideazione, progettazione e coordinamento: Mariagrazia Bonollo. Voce narrante: Davide Dolores. Post produzione: Andrea Grigolato – Hoodooh. Registrato presso gli studi di House264 – Milano. Tratto dal libro di Arturo Ferrarin “Il mio volo Roma-Tokyo” (Idrovolante edizioni, 2019). Gli episodi saranno pubblicati con cadenza settimanale, tutti i venerdì. Ascolta qui le altre puntate. La serie è disponibile anche su Spreaker, Spotify, Google Podcasts e Apple Podcast.