Elisabetta Ronzani, la ceramista schiva che portava gli americani a Lusiana
Avrebbe festeggiato i suoi 75 anni venerdì scorso, la ceramista Elisabetta Ronzani. E invece un malore improvviso l’ha portata via, in strada a Lusiana, a pochissimi metri da casa, una notte di fine maggio. L’ha trovata a terra la figlia: i soccorsi sono stati inutili. Una morte affidata a poche righe di cronaca, in quella occasione, ma una vita ricca e piena, che davvero val la pena di raccontare: quella di una donna votata all’arte e alla bellezza, ma sempre umile e discreta.
Una donna speciale, schiva ma “densa”, di quella intensità che non ha bisogno di apparire. “Una persona straordinaria, per lo sguardo che aveva sul mondo e per come lo comunicava, per il suo pensiero critico. Mi manca il rapporto con la sua intelligenza. Non ha mai voluto comparire” sottolinea ricordandola il figlio Beppe Cantele, avvocato ed editore.
Eppure, di motivi per andar fiera di quanto ha realizzato nella sua vita, ne aveva e parecchi: una donna ricca di arte, cultura e di relazioni internazionali. “Ha avuto la fortuna – racconta il figlio – di provenire da una famiglia colta e illuminata, che l’ha fatta studiare. I nonni erano emigrati, come tanti, da Lusiana in Piemonte nel 1910 e sono rientrati sulle nostre montagne alla fine della guerra, nel ’45. Proprio l’anno in cui è nata lei”.
Fu una delle pochissime donne di allora a poter proseguire gli studi, tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. Anche la scelta di frequentare le scuole superiori all’Istituto d’arte di Nove è dovuta a legami di famiglia e in particolare alla zia ceramista Maria Villanova: erano gli anni nei quali la cottura della terraglia e delle terrecotte passava dai forni a legna a quelli a gas e proprio la zia, insieme con Antonio Cecchetto stipularono il primo accordo con la Snam per garantirsi il gas necessario alla produzione. Dopo il diploma, Elisabetta si iscrive al Magistero d’arte all’Università di Firenze. Si è formata con maestri come Alessio Tasca (anche lui recentemente scomparso), Giovanni Petucco, Salvatore Cipolla e Andrea Parini. Ha anche un fratello scultore, con cui ha lavorato: l’arte, il creare bellezza con le mani, insomma, sono sempre stati il suo pane quotidiano.
All’Istituto d’Arte di Nove, Elisabetta tornò anche ad insegnare, ma solo per un anno. Poi, il ritorno a Lusiana e la fondazione della sua attività nel ’68: la Ceramiche MB, laboratorio storico che ha esportato in tutto il mondo la tradizione ceramista novese. Le sue riproduzioni artistiche hanno preso spesso il volo per gli Stati Uniti e il laboratorio di Lusiana era diventa meta di compratori americani che dal Centro Italia, da Firenze in particolare, salivano in questo paesino sperduto per scegliere e compare le sue opere.
“Una vita normale ma straordinaria – racconta ora il figlio Beppe Cantele – anche se lei riteneva sempre di non aver fatto niente di particolare. Amava vivere in disparte, ma in realtà era la prima della classe. Non le interessava apparire, diceva sempre che di buono aveva fatto i suoi tre figli. E’ stata maestosa e irraggiungibile. Come ho detto al funerale, è morto un poeta”. La MB adesso è passata nelle mani della figlia Marita, mentre l’altra figlia, Giovanna, come Giuseppe è avvocato.
“È stata lei – aggiunge il figlio – a spingermi ad aprire la casa editrice cinque anni fa e qui ha investito i suoi risparmi, anche se nelle occasioni pubbliche, alle presentazioni, rimaneva in disparte. E’ stata una donna coraggiosa, molto umile, una filantropa e anche una visionaria attenta, che ha sempre creduto al bello e alla meraviglia. La casa editrice Ronzani è anche una sua iniziativa. Aveva corretto bozze fino a poco prima di sentirsi male”.
Al funerale ha voluto esserci anche il grande maestro dei Crodaioli, Bepi De Marzi. Sul necrologio, i figli e il marito hanno voluto una frase di Mario Rigoni Stern: «La primavera, non l’autunno, è la stagione per morire. Ha un odore preciso, definito, fresco, umido, vitale. Quel profumo ti promette che la vita continua, anche se te ne vai; e questo è meraviglioso». “E se n’è andata – sottolinea il figlio – proprio in una notte di primavera, sotto un cielo di stelle, guardando la pianura. Positiva fino all’ultimo istante”.