Frode fiscale nell’abbigliamento intimo, Fiamme Gialle sequestrano 2 milioni di euro
Una maxi frode fiscale da oltre due milioni di euro nel settore dell’abbigliamento intimo e per bambini è stata smascherata dalla Guardia di Finanza provinciale di Vicenza. Denunciati e indagati due uomini che risiedono nel Trevigiano, un 74enne (S.G.P. le iniziali) di Borso del Grappa e un 47enne (V.M.) residente a Quinto di Treviso. La sede dell’attività sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri era a Bassano del Grappa, prima di disperdere le proprie quote in altre ditte, di fatto farlocche, in diversi luoghi d’Italia, con alle spalle in cabina di regia i due ideatori del circuito illecito.
La coppia di evasori aveva architettato una sistema di società fittizie intestate a vari prestanome messi a libro paga mensile, di fatto nullatenenti, per evadere sistematicamente le tasse e in certi casi per non versare il corrispettivo pattuito con i fornitori. Condotte illecite che permettevano di incamerare illecitamente centinaia di migliaia di euro, danneggiando inoltre la concorrenza nel mercato. La truffa ai danni dell’erario rimbalzava di società in società commerciando vari marchi legati a Calzedonia, Intimissimi e Tezenis i più noti, tutti estranei alla vicenda giudiziaria.
Sequestrati ai due presunti complici beni immobili per un valore stimato in 2,2 milioni di euro. Si tratta di tre appartamenti sigillati a Castelfranco Veneto, due in altrettante località di villeggiatura in Sardegna ed una villa di pregio sita a Quinto di Treviso, residenza di uno dei due complici. Due le società individuate dalle Fiamme Gialle come evasori totali, una attiva dal 2014 al 2018, l’altra istituita nel 2016. Di fatto lasciate decadere con il sistema del “dimenticatoio” trasferendo l’attività su altre nuove aziende create ad hoc ed intestate a teste di legno residenti a Caserta in Campania, tutt’altro che imprenditori, risultati nelle indagini in realtà nullafacenti che percepivano un indennizzo mensile dai faccendieri sotto inchiesta. Le quote societarie venivano fittiziamente cedute in capo ai nuovi amministratori, complici del malaffare senza avere ruoli o incarichi nelle operazioni commerciali dichiarate.
Un sistema articolato di frode basato su due pilastri: non versare nemmeno un euro all’erario pubblico e rimbalzare di società in società spesso emettendo inoltre fatture false. L’operazione, denominata “Vado a vivere in campagna” trae origine dalla metodologia operativa che portava a trasferire la propria sede legale dalla provincia berica in un’altra, spesso in una grande città metropolitana e nel caso campano, invece, in un’abitazione rurale in aperta campagna, del tutto incompatibile con un’attività di natura commerciale. Un raggiro allestito al fine di evitare o attenuare il rischio corso dagli ideatori della frode, ossia i reali beneficiari del profitto illecito.
Le cessioni di quote societarie registrate sarebbero pari a un controvalore di circa 3,5 milioni di euro dal 2014 al 2018, disponendo di 14 punti vendita nella provincia di Treviso nel commercio al dettaglio di prodotti dei marchi di un importante gruppo imprenditoriale di abbigliamento legato al marchio Calzedonia e collegati in virtù di un contratto di franchising. Come già accennato considerato l’azienda è del tutto estranea alle indagini.