Arte e dintorni – Villa Valmarana Bressan a Vigardolo, sulle tracce del giovane Palladio
di Valentina Casarotto*
Quando si pensa alle ville di Andrea Palladio, la mente corre subito alla villa la Rotonda di Vicenza o alle dimore aristocratiche delle Riviera del Brenta, fra Padova e Venezia. Eppure nel Vicentino ci sono molti tesori nascosti e visitabili, spesso poco conosciuti: ne è un esempio Villa Valmarana Bressan.
Scrive Palladio nel suo trattato del 1570: “… è officio di saggio architetto con ogni sollecitudine e opera investigare e ricercare luogo comodo e sano, standosi in villa per lo più il tempo della estate.”
Nella vasta campagna di Vigardolo, frazione del Comune di Monticello Conte Otto in provincia di Vicenza, sorge Villa Valmarana Bressan. Anche se non è citata nel trattato di Andrea Palladio (1508-1580), la critica ormai è unanimemente concorde nell’assegnare la paternità della villa al geniale architetto, sulla scorta di un disegno autografo conservato a Londra (RIBA XVII/2), tanto che la villa è inserita dal 1996 nell’elenco delle ville palladiane della provincia di vicenza tutelate dall’UNESCO. Si tratta di una delle prime progettazioni ideate dal giovane Palladio, che qui sperimenta una soluzione pienamente autonoma e innovativa della nuova tipologia della villa, rispetto alle sue imprese precedenti.
L’edificio, iniziato nel 1542-43 e concluso verso il 1560, fu commissionato dai cugini Antonio di Pietro e Giuseppe di Bernardino Valmarana, di un ramo collaterale della celebre famiglia vicentina.
Nel passato la villa si ergeva con l’imponenza della sua mole sull’ampio orizzonte coltivato, e spiccava sui campi per l’insolito tetto a due spioventi. Un’altra particolarità della villa è la facciata principale rivolta a nord, rispondendo probabilmente alla volontà dei committenti che, attraverso un viale che percorreva un bosco oggi scomparso, intendevano così allineare questa dimora con Villa Maria, un altro possedimento della famiglia.
Il giardino a nord ha una misura tale da dare il giusto respiro alla costruzione. L’elemento decorativo più significativo della facciata nord e dell’intera villa è la serliana a colonne doriche. È probabile che questo elemento architettonico, che diventerà la cifra dello stile di Palladio nella realizzazione delle logge della Basilica e non solo, sia stato sperimentato qui per la prima volta.
Superata la serliana, si accede alla Loggia dei Cesari, un grande salone quadrato coperto da travatura lignea. Alle pareti vediamo un ciclo di affreschi monocromi in tinta ocra che illustra i 12 Imperatori romani, racchiusi entro finte nicchie, come fossero delle statue, e abbigliati con fantasiosi costumi all’antica e bastone del comando. Il tema, molto diffuso nelle decorazioni delle dimore aristocratiche, viene ripreso dal libro le Vite dei dodici Cesari di Svetonio, anche se le pose enfatiche di questi Imperatori possono fare il verso alle pièce teatrali che era usanza rappresentare nelle stanze delle ville venete.
Contrapposta alla virtù guerriera dei Cesari, sulle sovrapporte si esalta la bellezza muliebre con quattro eleganti ritratti di dame in abito da cerimonia. È suggestivo pensare che queste figure possano essere i ritratti delle quattro figlie di Antonio Valmarana: Barbara, Vittoria, Beatrice e Giustina. Tutti gli affreschi di questa sala sono databili alla prima metà del ‘700.
Oltrepassato uno stretto vestibolo, si accede alla Sala del fregio, un salone rettangolare che guarda sul prospetto sud della proprietà. Nella parte inferiore delle pareti di recente sono stati scoperti alcuni lacerti di una decorazione ad affresco cinquecentesca che ricorda i modi e i temi della scuola di Paolo Veronese. Se alziamo lo sguardo invece notiamo il fregio che dà il nome alla sala. La decorazione, realizzata probabilmente dal pittore vicentino Costantino Pasqualotto (1681-1755) attorno al 1730, illustra le Storie di Giuseppe ebreo, tratte dalla Bibbia, ciclo che esalta l’attività agricola rendendo evidente a livello simbolico e iconografico il ruolo dei committenti. Infatti il fregio trova collocazione in corrispondenza della sopraelevazione settecentesca dell’edificio, un ampliamento cospicuo che ha creato gli ampi granai che a quel tempo permisero alla famiglia Valmarana, sempre attenta alle esigenze della tenuta, di incrementare significativamente la cubatura dell’edificio, e di mettere a disposizione delle attività agricole spazi idonei allo stoccaggio dei prodotti della terra.
Ai lati est e ovest rispetto a questo asse, si aprono in successione simmetrica tre sale comunicanti di pari larghezza, secondo uno schema più volte applicato da Palladio nelle sue ville: stanza rettangolare corta, stanza quadrata, e stanza rettangolare lunga, rispettando la proporzione del 2:3:5. Nell’antichità, in queste stanze erano situati gli appartamenti dei due cugini Valmarana. Solo nelle sale a est possiamo vedere, sulle sovrapporte, alcune Scene di caccia, che rappresentano frammenti di un ciclo certamente più ampio, che illustrava con rimandi mitologici uno dei passatempi preferiti della villeggiatura.
Più semplice e anche più volte rimaneggiata nel tempo, si presenta la facciata posteriore, a sud. L’elemento architettonico più caratteristico è la porta centrale ad arco decorato con cornice in pietra bugnata rustica. La già citata sopraelevazione dei Granai, avvenuta nel Settecento, ha modificato sia le proporzioni globali dell’edificio sia la simmetria palladiana della disposizione delle finestre, evidente in particolar modo qui con l’inserimento fuori asse delle tre finestre quadrate al terzo piano.
Dopo le attività di restauro del 2018, gli Spazi dei Granai finalmente vivono una nuova stagione: ospitano il Museo della civiltà del grano, oltre ad un ambiente polifunzionale di grande fascino, perfetto per conferenze, teatro o danza.
Molte delle attività che si svolgono nei locali e nel parco rinnovano gli svaghi dei secoli passati, ridando nuova vita alla villa, che è visitabile su prenotazione (villavalmaranabressan.it).
*Valentina Casarotto, vicentina, è docente di Storia dell’arte al Liceo di Cittadella (PD) e collabora con la casa editrice Zanichelli. Divide il suo tempo tra la scrittura di racconti nel suo blog e la divulgazione artistica con conferenze e spettacoli a teatro con l’attrice Stefania Carlesso. Ha pubblicato il romanzo storico “Il Segreto nello sguardo. Memorie di Rosalba Carriera”, 2012, Premio Mario Soldati e Premio Mario Luzi. Per seguire le sue attività valentinacasarotto.blogspot.com