Incontri ‒ Da Lugo di Vicenza a Cuneo per trovare lavoro (e ritorno)
Mario da Nord Est a Nord Ovest e viceversa. Nato e cresciuto a Lugo di Vicenza, dopo le prime esperienze lavorative, era diventato un migrante all’interno di quella rotta che per decenni è stata battuta da tanti veneti: direzione Piemonte, verso il noto triangolo industriale che per lungo tempo ha dominato il tessuto economico italiano. Maggiori opportunità lavorative, un grande desiderio di migliorare la propria vita e soprattutto nessun compromesso: gli avevano chiesto di pagare una tangente per poter lavorare nella cartiera del paese. Non ne volle sapere.
Trovò lavoro precisamente a Cuneo, dove rimase circa 35 anni. Non era solo, una zia senza marito e senza figli decise di seguirlo nella nuova avventura per aiutarlo nelle faccende di casa. La provincia piemontese si presentava assai diversa da quella veneta, soprattutto per la diffidenza. Mario raccontava che per circa sei mesi nessuno gli rivolse una parola, a malapena un saluto abbassando il mento gli uomini, mentre le donne rimanevano con gli occhi a terra.
I primi tempi furono complicati anche per la comprensione del dialetto, ostico alle sue orecchie, per non parlare del freddo e della neve, il vicentino gli sembrava il Salento a confronto. Al contempo imparava piano piano a conoscere un territorio splendido, ricco di tradizioni e squisitezze culinarie. Gli piaceva il risotto all’Arneis e i ravioli con cavolo e riso. Adorava Piazza Galimberti, nelle migliori giornate poteva ammirare le Alpi Marittime.
Ritornato in Veneto in pensione, amalgamava di frequente aneddoti cuneesi a pensieri inconsueti, forse frutto di riflessioni come veneto sradicato dalle sue origini per trovare fortuna lavorativa.
«Mario, non pensi che servirebbero più controlli per l’immigrazione?»
«Penso che servirebbero più controlli al cervello di chi controlla!»
«Dai, non buttarla in caciara!»
«Sono serio, siamo tutti d’accordo che servano regole condivise, ma tu hai presente chi legifera? Hai presente ogni giorno l’incompetenza e il ridicolo che mostrano? Allora come possiamo pensare che gente simile faccia delle buone leggi su temi così complicati?», dice aprendo il palmo della mano destra di fronte al viso per manifestare tutto il suo disappunto.
Altre volte si lasciava andare a confronti fra Est e Ovest, quando per esempio parlava delle sue amicizie. «I miei veri amici sono a Cuneo, non qui a Lugo, eccetto te. Là sono più diffidenti e duri d’animo, ma schietti e veri, qui sono codardi, piuttosto di dire una verità scomoda o che li svantaggi fingerebbero anche di fronte a Cristo. Grandi lavoratori i vicentini, ma essere un grande lavoratore non significa nulla se poi hai comportamenti discutibili».
«Non pensi Mario che sia sbagliato generalizzare?»
«Io non generalizzo affatto, ho vissuto metà vita a Cuneo e metà a Lugo, parlo solo di ciò che conosco e ti garantisco che i vicentini hanno perso il buono che avevano quando si faceva la fame, ora si sono un po’ arricchiti dopo decenni di povertà e si sentono superiori verso tutti grazie a un grande avanzamento economico, ma vogliamo parlare di quello culturale?»
Mario trascorreva la maggior parte del suo tempo libero a leggere, ma con tante piccole pause per far riposare gli occhi. Poco tempo prima di morire gli parlai di un argomento che sapevo essere per lui questione delicata.
«Se tornassi indietro, cosa cambieresti della tua vita?»
«Forse mi sposerei, ma non ne sono sicuro. Quando sono mancate mia madre e mia zia, ho sentito il peso della solitudine. Sono sempre stato innamorato del mio primo amore, per il quale non ho lottato come avrei dovuto, quando lei è partita per il Brasile. Tutto ciò che è arrivato dopo mi sembrava insignificante e non ho più avuto relazioni serie. Oggi passate da un rapporto a un altro con tanta facilità, ma l’amore dovrebbe essere totalizzante altrimenti si sta solo giocando a essere innamorati, l’amore è una cosa ben diversa».
Mario era così, bianco o nero. È morto l’anno scorso, a volte ripenso a lui e ai suoi valori così puri. Avevo un amico di 44 anni più vecchio di me e mi è sembrata una fortuna immensa, oltre che rara.