CineMachine | Clerks – Commessi
REGIA: Kevin Smith
CAST: Brian O’Halloran, Jeff Anderson, Marilyn Ghigliotti, Kevin Smith, Jason Mewes
GENERE: Commedia
DURATA: 92 minuti
DATA DI USCITA: 19 ottobre 1994 (Stati Uniti)
Passando dal precedente articolo, che riportava come consiglio quel piccolo-grande capolavoro che era The Village di M Night Shyamalan, oggi passiamo ad una commedia generazionale.
Non è un termine a caso quello che ho usato; “generazionale” questo film lo è fino al midollo, in quanto raccoglie nelle file della sua storia l’intenzione di raccontare la fantomatica generazione X, cioè coloro che erano e/o sono nati tra il 1963 e il 1980.
Appropinquandomi a riportarvi la trama, la storia è circoscritta specificatamente in due luoghi, ovvero un mini-market e un videonoleggio, situati nella cittadina di Leonardo nel New Jersey. All’interno di questi due negozi, lavorano, rispettivamente, Dante Hicks (non il Dante della Divina Commedia, quello era Alighieri) e Randall, il suo migliore amico. Dante è costretto a lavorare anche nel suo giorno di riposo e Randall, per distrarre un po’ l’amico, farà continuamente capitombolo nel negozio e, tra clienti strani, chiacchiere sul più e sul meno, la fidanzata e l’ex-fidanzata di Dante che faranno capolino nel mini-market, i due vivranno una giornata alquanto assurda.
Il film in sé è assurdo. Così, come l’ho raccontato non sembrerebbe poi un granché, ma in realtà ci sono molti sketch che portano lo spettatore più ad una ilarità di testa che non di pancia, ovvero vi sono dei momenti, anche nei dialoghi in cui non si può non pensare all’assurdità di quello che i personaggi si stanno dicendo o, peggio, all’assurdità di quello che sta effettivamente accadendo.
Le situazioni non sono mai spinte troppo al di là dal reale, ma sono circostanze bizzarre, che possono effettivamente capitare in una giornata storta nel New Jersey, come quella capitata al nostro Dante. Lo stesso equivale per i dialoghi, tanto geniali, quanto assurdi.
Il film ci mostra quella generazione, cosiddetta, invisibile, portata ad essere definita, in modo stereotipato, apatica, cinica e senza valori o affetti che siano profondamente ben intenzionati. Una generazione, essenzialmente, frivola, dove i fumi delle droghe leggere e pesanti hanno creato un contesto giovanile spinto sempre più alla deriva, scettico e sfiduciato nei confronti delle istituzioni e di quello che sarebbe stato il loro futuro.
Nella storia emergono, poi, due figure emblematiche, ovvero il mitico Silent Bob, interpretato dallo stesso Kevin Smith, e il rispettivo ed inseparabile compagno Jay, interpretato dall’amico Jason Mewes. Sono essi stessi il simbolo di questa generazioni. Silent Bob non ha mani nulla da dire, ma si esprime solo attraverso degli sguardi, degli ammiccamenti, mentre Jay è, al contrario, indomabile, strafattone all’ennesima potenza, incapace di rimanere fermo per un secondo e malaccorto di un linguaggio rispettoso o, quanto meno, vario, dato che le sue principali tematiche d’argomentazione sono le droghe e il sesso.
Perbenisti, state lontani, perché questo film vi farà sicuramente schifo! Una pellicola in bianco e nero che trasforma gli stereotipi di una generazione, nell’ambito relazionale, sessuale, etico, morale, politico, in motivo di riflessione attraverso una comicità raffinata, in grado di colpire a fondo, non è cosa a cui vi potrete avvicinare senza essere minimamente inorriditi o schifati.
Detto questo, in ultima, dico che siamo nei paraggi del cinema indipendente. Di fatti il film è stato pagato quasi interamente dallo stesso Kevin Smith, esordiente all’epoca, che si ritrovo a dover vendere la propria collezione di fumetti per permettere che Clerks – Commessi prendesse vita. Presentato al Sundance Film Festival del 1994, il film è stato premiato alla Semaine de la Critique di Cannes e tutt’oggi rimane un piccolo capolavoro del regista Kevin Smith, il quale poi ha sviluppato anche un sequel, altrettanto magnifico.
Clerks -Commessi è una piccola perla del cinema indipendente americano e merita di essere visto e rivisto dalle generazioni attuali perché queste possano capire i difetti e i pregi di una generazione che oramai non esiste più.