Varato il nuovo decreto sicurezza: cambiano le regole sulla protezione dei migranti
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto su sicurezza e immigrazione che riscrive i decreti emanati da Matto Salvini, quando era ministro dell’Interno. “Stasera abbiamo messo fine all’inciviltà dei Decreti in-sicurezza di Matteo Salvini ripristinando condizioni di civiltà giuridica e giustizia sociale”, dichiara la capodelegazione di Italia Viva, Teresa Bellanova. “Chiudiamo una pagina buia che aveva rigettato nell’ombra e nell’invisibilità migliaia di uomini e donne trasformati da una norma sbagliata e malvagia in clandestini e privati, insieme all’identità, di quegli strumenti di integrazione e inclusione propri di un paese civile capace di discernere e di costruire percorsi efficienti ed efficaci di legalità e integrazione a tutto vantaggio della sicurezza dei cittadini” ha aggiunto la titolare dell’Agricoltura.
Nel corso della discussione tra i ministri di M5s, Pd, Iv e Leu non si sarebbero registrate criticità particolari. Passano così, come da accordo di maggioranza raggiunto a luglio, le norme che superano le multe milionarie alle Ong e riformano il sistema dell’accoglienza introducendo tra l’altro, il regime di protezione speciale. In caso di violazione del divieto, si richiama la disciplina vigente del Codice della navigazione, che prevede la reclusione fino a due anni e una multa da 10.000 a 50.000 euro. Sono pertanto eliminate le sanzioni amministrative introdotte in precedenza.
Sì al permesso per protezione sociale se il rimpatrio comportasse per lo straniero non solo il rischio di tortura ma anche il pericolo che venga sottoposto “a trattamenti inumani o degradanti” o che gli venga violato il rispetto “della sua vita privata e familiare”. È una delle novità contenute nel dl sicurezza in tema di protezione internazionale degli stranieri.
Nel comunicato finale del Consiglio dei Ministri, viene spiegato che la normativa vigente prescrive il divieto di espulsione e respingimento nel caso in cui il rimpatrio determini, per l’interessato, il rischio di tortura. Con il decreto, si aggiunge a questa ipotesi il rischio che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti e se ne vieta l’espulsione anche nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare.
Sempre in materia di condizione giuridica dello straniero, il provvedimento affronta anche il tema della convertibilità dei permessi di soggiorno rilasciati per altre ragioni in permessi di lavoro. Alle categorie di permessi convertibili già previste, si aggiungono quelle di protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori.
Nel dl sicurezza approvato in Cdm, viene introdotto anche il reato per chi introduce in carcere un cellulare a un detenuto: la pena va da 1 a 4 anni sia per chi lo introduce sia per chi lo riceve. Nel regime precedente al decreto sicurezza il reato si configurava come illecito disciplinare sanzionato all’interno del carcere.
Per chi agevola il detenuto al 41bis, nelle comunicazioni con l’esterno (anche di tipo diverso da quelle con cellulare) la pena va da 1 a 4 anni a 2 a 6 anni. E’ quanto prevede il testo del dl sicurezza approvato in Cdm. Nei casi di ipotesi aggravata (ovvero se il reato è commesso da pubblico ufficiale, da incaricato di pubblico servizio o da chi esercita la professione forense) il reato passa 2 a 6 anni a 3-7 anni.
Rafforzato il ‘Daspo Urbano’. Si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni.Chi ha riportato una denuncia per vendita o cessione di sostanze stupefacenti non potrà entrare in un locale pubblico, pena la reclusione da 6 mesi a 2 anni e una multa fino a 20 mila euro.
Viene poi esteso il meccanismo dell’oscuramento, già utilizzato per il contrasto alla pedopornografia online, a quei siti che, sulla base di elementi oggettivi, devono ritenersi utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti.