Piace la Trans d’Havet in versione “fai da te”. In due mesi 860 “pazzi” per la montagna
L’hanno portata a termine in 860, qualcuno ci ha messo tre giorni, qualcun altro tra le 5 e le 6 ore, e c’è pure chi la faticata da 40 chilometri e piccioli se l’è sorbita per ben 9 volte. Sempre con lo stesso mix di intima soddisfazione personale e stanchezza profonda che la rendono per ciascuno un’impresa. La Trans d’Havet è stata cancellata dal calendario di eventi trail dalla pandemia ma non dal cuore – e dalle gambe – dei fedelissimi che in estate e dintorni hanno accolto l’invito e raccolto la sfida dell’Ultrabericus Team: avventurarsi in autonomia (e in sicurezza) sul mitico percorso della corsa di montagna e lasciare la propria firma tra malghe e rifugi, a testimonianza del passaggio.
A conti fatti, dal 25 di luglio al 27 di settembre, si è avvicinata a Recoaro Terme la quota di mille “salitori”, probabilmente sforata se si immaginano coloro che hanno affrontato il. tracciato senza lasciar, appunto, la propria traccia autografa. Un successo alla faccia di restrizioni, coronavirus e impossibilità di gareggiare in gruppo. Che poi, in competizioni di questo tipo, si ritrova solo allo start per poi snocciolarsi tra i sentieri e gli sterrati da pendenze spaccagambe fino a salire a quota 2.230 metri circa di altitudine.
Percorsa e piaciuta, insomma, la versione speciale della Trans d’Havet, come testimoniano i dati raccolti dal team di organizzatori. Che non si è dato per vinto, giammai, fino in fondo, lasciando aperta una porta sulla conca di smeraldo a partire per salire sulle Piccole Dolomiti circostanti, anzi, soprastanti. C’è poi chi le ha ridiscese in parapendio, godendosi lo spettacolo dall’alto e lasciandone il ricordo, e chi in mountain bike, come si narra nel compendio di vicissitudini raccolto dai “matti per i monti” vicentini. Allegre storie pandemiche da raccontare, dopo che malinconicamente la pagina 2020 della corsa è stata strappata via dal ciclone Covid-19, così come l’Ultrabericus Trail la scorsa primavera.
Guai a darsi per vinti, appunto, e pazienza per quando non si possono decretare i vincitori. “Ecco allora nascere l’idea di proporre comunque un tracciato spettacolare – spiegano gli ideatori dell’esperimento riuscito, un vaccino contro la noia e l’astinenza da corsa in altura – con un suo registro, da percorrere in piena autonomia, scegliendo la data migliore in due mesi di tempo. Metti sulla mappa 41 km e 2.800 m di dislivello positivo, incastraci dentro quattro rifugi, una base di partenza e una di arrivo, stabilisci un format di vecchia data, con i timbri dei rifugi sulla carta invece delle tracce virtuali sul web, ed il gioco è fatto”. Preziosa la collaborazione dei gestori dei rifugi, così come la voglia di adattarsi da parte di tutti e di riscoprire una moderna versione del fai da te, applicandola per necessità anche allo sport.
In 65 giorni il grande pannello bianco posizionato al punto di partenza nel centro di Recoaro si è via via riempito di info e firme, ma anche di aneddoti e dediche. Con qualche statistica interessante da estrapolare: oltre al numero complessivo di cosiddetti “finisher” (860 come detto), i partecipanti individuali si sono scoperti provenire da 23 diverse province d’Italia, distribuite su 7 regioni. Spazio anche ai nomi, di chi se l’è presa comoda e di chi invece ha corso contro il cronometro (Irene Frizzo e Filippo Dal Maso i più “frettolosi”), e pure alle età, dal 2007 il più acerbo al classe ’45 il più maturo, l’inossidabile Luigino Peruffo. Complimenti anche a Ester Zocche che si è ripresentata a valle per 9 volte, solo una in meno per Roberto Fornaro. In 40, invece, i temerari che hanno concesso almeno il bis.
Conclusa la parentesi concordata di due mesi e spiccioli, ora con l’inverno alle porte e la pericolosità dei climi rigidi stagionali a sconsigliare il percorso, parte l’iniziativa del contest fotografico. Video e immagini sono stati raccolti in queste settimane dagli organizzatori per poi proclamare i vincitori già domani, ovviamente nella cornice di “lancio” di Recoaro Terme. “Nulla era scontato alla vigilia – ammettono gli amici di Ultrabericus Team – ma la grandissima partecipazione ci ha fatto capire che la voglia di montagna, di sport e di libertà è davvero tanta. Abbiamo raccolto tanta positività e feedback positivi, d’altronde paesaggi come quelli delle Piccole Dolomiti la base di partenza era già ottima e la risposta è stata grandiosa. Il futuro? Puntiamo a un’edizione 2021 Covid-free”.