“Caso Altopiano” sulle badanti inadempienti al fisco. “Disinformazione e passaparola”
Ha suscitato in minima parte scalpore e in misura più consistente una forte curiosità che ha travalicato l’Altopiano e il Vicentino l’operazione portata a termine dalla guardia di finanza di Asiago, che ha portato alla luce la questione di badanti e colf in rapporto alle pendenze con l’erario. Il tema è legato ai contributi da reddito non versati da 27 tra loro, collaboratori in servizio presso altrettante famiglie di praticamente ognuno dei “7 Comuni”, per la quasi totalità figure di assistenza agli anziani.
Aiuti ben più che preziosi, da definire come fondamentali per chi si trova ad affrontare la carta d’identità e le problematiche della terza età, e per i loro congiunti, impossibilitati in seguirli 24 ore al giorno tra motivi di lavoro e una famiglia da gestire. Figure professionali ora riconosciute dall’ordinamento e inquadrate in contratti atipici che, però, non risultano “immuni” dalla tassazione sul reddito. A sorprendere, in questo caso, l’alto numero di casi di evasione ipotizzata dalle Fiamme Gialle bassanesi in un territorio di dimensioni ridotte e circoscritto, come quello dell’Altopiano di Asiago. Per un imponibile ragguardevole di circa 830 mila euro secondo i finanzieri (dal 2014).
Delle 27 persone sotto accusa dopo le indagini concluse dalla tenenza di Asiago 25 sono donne, due soli gli uomini. Ampio il ventaglio anagrafico: vanno dai 31 ai 71 anni. Per la quasi totalità si tratta di cittadini stranieri – un solo italiano nel novero, il più giovane – e con residenza regolare nei paesi che compongono la Reggenza dei 7 Comuni. Più di un terzo di essi vivono ad Asiago (10), spesso nella stessa dimora degli anziani che assistono, e 7 a Conco; le altre località si “spartiscono” i rimanenti: 3 a Gallio, 2 a Lusiana e Roana, uno a testa a Rotzo, Gallio ed Enego. La maggioranza proviene dagli Stati dell’Europa dell’Est, in particolare Romania (10, tutte donne), Ucraina (7) e Moldavia (4), ma si trovano francesi e serbe rimanendo nel Vecchio Continente, due cilene e un asiatico. Non si sta parlando affatto di “delinquenti”, allo stato attuale almeno, ma di figure di supporto alle famiglie regolarmente sotto contratto con i rispettivi formali datori di lavoro. In debito però verso le casse pubbliche del paese in cui producono reddito e vivono, forse per ignoranza del sistema contributivo italiano.
Rimane da capire come e quanto le radici sociali e sociologiche di questo “fenomeno” sommerso abbiano influito sulla buona fede, oppure dove si tratti di (deliberata) frode al fisco. Rimangono gli interrogativi su come mai queste condotte siano emerse in maniera così massiccia in particolare nell’area montana di Asiago e dintorni coinvolgendo, sembra, il 70% di colf e badanti assunti che annualmente incamerano una cifra superiore agli 8 mila euro per le loro prestazioni. Sotto questa soglia annuale, infatti, nulla sarebbe dovuto, mentre ai datori di lavoro (anziani accuditi e famiglie congiunte) spetta il solo contributo previdenziale da versare all’Inps secondo legge. Ma non costituiscono sostituto d’imposta, generando un solco di incertezza in cui sarebbero incappati in tanti tra quelli che di fatto risultano come dipendenti, chi per superficialità e chi invece con la volontà di aggirare le tasse. Tutti in ogni caso dovranno regolarizzare la lo propria posizione, senza incorrere in reati di rilevanza penale.
Una chiave di lettura sulla vicenda in corso fornisce il sindaco proprio del capoluogo altopianese, da noi interpellato. “Non posso esprimermi nel merito dell’indagine – commenta Roberto Rigoni Stern -, le considerazioni che posso fare riguardano altri aspetti, come il fatto che il territorio ha innegabilmente bisogno di queste figure di assistenza sociale, badanti in particolare, vista l‘età media dalla popolazione e la constatazione che, purtroppo, molti giovani scelgano di vivere altrove, mentre i nostri anziani rimangono fortemente legati all’Altopiano. Risulta difficile comprendere le ragioni di questo ‘sommerso’, forse la disinformazione sulle leggi tributarie, il passaparola tra loro, o ancora la percezione che vivendo un un’area per così dire più isolata si possa essere meno soggetti a controlli”. Da evidenziare come in questa tornata di indagini siano state analizzate le collaborazioni regolari, alla luce del sole quindi, mentre per le “badanti in nero”, vera piaga del settore, si procederà a parte.