“Montecchio Precalcino, si rischia il ritorno al manicomio”. La denuncia di Coalizione Civica Schio
E’ una denuncia pesante, quella che viene dai due consiglieri comunale di Schio di Coalizione Civica, Carlo Cunegato e Giorgio De Zen: le strutture residenziali del Centro Servizi di Montecchio Precalcino (l’ex ospedale psichiatrico di via Europa Unita) stanno involvendo e dopo anni di apertura al territorio delle Rsa frutto della chiusura dei manicomi con la famosa legge Basaglia, sarebbe ora in atto un tentativo silenzioso di trasformare le stesse in residenzialità sulla modalità proprio dei vecchi ospedali psichiatrici. Una denuncia che prende le mosse dai timori delle associazioni dei familiari degli ospiti.
Ecco il comunicato integrale di Cunegato e De Zen.
“Coperto dall’assordante clamore del Covid, un progetto nuovo ed inquietante sta prendendo forma al Centro Servizi di Montecchio Precalcino, gestito dall’Ulss n.7 Pedemontana. Nei mesi scorsi avevamo condiviso le preoccupazioni dell’Ipab La C.A.S.A. e dei lavoratori per il mancato rinnovo, dopo 23 anni continuativi, della convenzione per la gestione di 2 delle strutture presenti nel Centro, le RSA S. Michele e Il Cardo. In quell’occasione avevano posto l’attenzione sulle conseguenze che ci sarebbero state sugli ospiti di quelle strutture, che inevitabilmente avrebbero subito il cambio di gran parte del personale a loro addetto. Ma solo recentemente abbiamo compreso quanto grande sarà quel cambiamento. Per capire bene la situazione, occorre ricordare come nascono quelle strutture, che sono all’interno dell’area che costituiva il vecchio manicomio provinciale.
Il processo di chiusura dei manicomi, si sa, inizia con la famosa legge Basaglia del 1978, ma a Montecchio Precalcino è negli anni ’90 che prende forma un reale progetto di cambiamento. L’area si apre all’esterno, diventa “Centro Servizi” e comincia ad accogliere attività che non hanno nulla a che fare con la psichiatria, come il Centro Congressi, la Scuola Steineriana, il Centro di Pet-Therapy, la sede dei corsi universitari di Infermieristica. Vengono costruite due nuove strutture destinate ad accogliere le persone che non avevano potuto rientrare a casa: l’Rsa S. Michele (100 posti) e il Nucleo residenziale La Decima (16 posti).
Un’altra struttura viene portata, non senza perplessità e polemiche, all’interno del Centro Servizi: è l’Rsa Il Cardo, con 39 posti, destinata a persone con gravissima disabilità psicofisica provenienti dall’ex Istituto Nordera di Thiene. La scelta di quella sede era parsa anche allora inopportuna perché situata in una villa antica, particolarmente isolata in cima ad una collinetta, e con presenza di barriere architettoniche. Ma l’Ulss in questi anni si spese molto per far funzionare al meglio le strutture e costruire una nuova immagine del Centro. Scelse un partner affidabile (l’Ipab La C.A.S.A.) per la gestione delle due Rsa, mantenne quella de La Decima e la direzione medica. Venne stipulata una convenzione con una cooperativa sociale per l’animazione del centro, favorendo l’arrivo di volontari e la nascita di numerose attività che vedevano coinvolti anche gli abitanti di Montecchio Precalcino e dei Comuni limitrofi. Agli ospiti veniva così offerto un intervento rispettoso della loro dignità di persone, attuando, nonostante l’età avanzata, percorsi di recupero delle autonomie personali e di socializzazione. Negli anni successivi l’utenza inizia a cambiare, sostituita da persone provenienti dal territorio, e le tre strutture diventano validi servizi inseriti nella rete del Distretto.
Ora le Associazioni dei familiari ci segnalano per esse una nuova destinazione d’uso. Da tempo, anche sfruttando le regole imposte dall’emergenza Covid, i nuovi ingressi sono stati bloccati. Gli ospiti de La Decima e del Cardo sono stati trasferiti all’Rsa S.Michele. La convenzione per l’animazione si concluderà a fine anno e non sarà più rinnovata. Nella struttura che ospitava le persone con disabilità, il progetto, già in fase avanzata, prevede la creazione di due Residenze SocioSanitarie Psichiatriche (RSSP) destinate ad ospitare due nuclei di 20 persone ciascuno. Andranno ad accogliere persone di età superiore ai 45 anni che, dopo un percorso riabilitativo residenziale durato dieci anni, non hanno riacquistato sufficiente autonomia. Per esse, considerate con malattia cronica, vengono previsti solo più economici interventi meramente assistenziali.
Queste strutture – previste in tutto il Veneto, ma uniche in Italia – sanciscono l’abbandono di ogni progetto sul futuro e la perdita di quella qualità di vita possibile pur in presenza di una malattia cronica. Pensare che 40 persone, ancora relativamente giovani, debbano vivere insieme in una struttura isolata, prive di qualsiasi contatto sociale, senza attività in cui essere impegnate, quale situazione può andare a figurare, se non un ritorno a interventi di tipo manicomiale? Senza contare il peso dell’azione simbolica di ricollocare persone con disagio psichiatrico in quello spazio che fu proprio il tremendo manicomio, dove la società civile si era impegnata a non riportarle mai più. Questo progetto va avanti nel silenzio di una comunità preoccupata dalla pandemia. I sindaci del territorio ne sono consapevoli?
La sensibilità verso i problemi di salute mentale sta venendo meno (vedi chiusura del Centro di Salute Mentale di Schio, la mancanza di medici e di figure riabilitative, i progetti di inclusione sociale che diminuiscono), mentre le associazioni di familiari, ormai provate, faticano a far sentire la propria voce. Tutto questo accade mentre proprio la pandemia contribuisce a far aumentare il disagio e gli interventi dovrebbero essere rafforzati. Quindi, diciamo no a gran voce alla creazione di queste residenze, e chiediamo di rivedere nella loro globalità le politiche regionali sulla salute mentale. Se nei decenni passati si è cercato di combattere la logica manicomiale dell’isolamento di queste persone, adesso stiamo tornando drammaticamente indietro.
Carlo Cunegato, Coalizioni Civica Schio
Giorgio De Zen, Coalizione Civica Schio