Patrick Zaki scrive alla famiglia: “Sto male, detenzione incomprensibile”
Una detenzione incomprensibile. Patrik Zaki è ancora costretto, da oltre 10 mesi, nel carcere di Tora. L’accusa mossa nei confronti del giovane studente dell’Università di Bologna è di propaganda sovversiva, ma a nessuno, in realtà, è ancora chiaro il perché. Tantomeno a Patrik che in una nuova lettera, datata 12 dicembre 2020 e indirizzata alla famiglia, parla delle “deludenti” decisioni recenti che non hanno “una ragione comprensibile”. L’ultima udienza meno di una settimana fa con la decisione di altri 45 giorni di carcere per lo studente.
“Ho ancora problemi alla schiena e ho bisogno di forti antidolorifici e di qualcosa per dormire meglio” scrive nella missiva lo studente egiziano arrestato lo scorso 7 febbraio all’aeroporto del Cairo. “Il mio stato mentale non è un granché dall’ultima udienza”: “Continuo a pensare all’Università, all’anno che ho perso senza che nessuno ne abbia capito la ragione. Voglio mandare il mio amore ai miei compagni di classe e agli amici a Bologna. Mi mancano molto la mia casa lì, le strade e l’università. Speravo di trascorrere le feste con la mia famiglia ma questo non accadrà per la seconda volta a causa della mia detenzione”.
A diffondere il contenuto della lettera è stato il gruppo Facebook Patrick Libero che fornisce aggiornamenti sul caso del giovane studente. E che esprime “grave preoccupazione per la salute mentale e fisica di Patrick”, dopo l’ultimo rinnovo della detenzione per 45 giorni.
Anche Amnesty International si dice “veramente allarmata per le condizioni fisiche e mentali di Patrick Zaki che sembrano in via di deterioramento”, ha dichiarato il portavoce della ong in Italia, Riccardo Noury. “Che queste parole dolorose di Patrick – aggiunge – giungano al Governo italiano che faccia veramente qualcosa di più, di meglio e di veloce di quanto ha fatto finora, per assicurare che Patrick possa tornare presto in libertà”.