Omicidio Barretta, appello rigettato: confermati i 30 anni di condanna al marito assassino
L’ex guardia giurata Angelo Lavarra è stato condannato a 30 anni di detenzione anche dopo la sentenza di secondo grado. Usufruendo dell’accesso al rito abbreviato, in prima istanza, lo scorso mese di marzo il marito della vittima fu ritenuto colpevole dell’omicidio – la coppia stava vivendo una tribolata fasi di separazione – di Anna Filomena Barretta, 42 anni. Evitando la massima pena altrimenti prevista dell’ergastolo, in quanto il delitto fu commesso in data antecedente all’entrata in vigore della nuova legge sulla violenza di genere.
A Marano Vicentino e in generale in tutto il territorio dell’Altovicentino questo fatto drammatico ha suscitato insieme clamore e cordoglio, con il Comune locale a presentarsi come parte civile al processo e ottenendo un risarcimento simbolico di mille euro.
Angelo Lavarra era presente oggi alla lettura della sentenza di appello. I giudici di secondo grado si sono espressi dall’aula bunker di Mestre, non accogliendo le richieste avanzate dai legali difensori dell’assassino che dreddò la madre delle due sue figlie, da quei terribili giorni affidate a una parente. Il pentimento esplicito dell’uomo e la collaborazione offerta in differita dopo aver ucciso l’ex commessa del centro commerciale “Carrefour” di Thiene non sono stati ritenuti quindi attenuanti meritevoli di un ulteriore sconto di pena. La confessione di Angelo Lavarra, peraltro, pieno arrivò solo a distanza di 7/8 mesi dal tragico evento, dopo una prima fase in cui si era professato innocente a fronte di prove incontrovertibili raccolte dal nucleo investigativo provinciale dell’Arma dei carabinieri.
Oltre all’omicidio era stata contestata all’oggi 45enne la simulazione di altro reato e inoltre l’occultamento del cadavere della moglie dopo averle sparato alla testa il colpo mortale: per un giorno, infatti, nascose sotto il letto matrimoniale nonostante la presenza dei figli minori nell’appartamento di Marano, utilizzando quelle ore per architettare con freddezza una versione dei fatti credibile, smontata a distanza di una decina di giorni dagli inquirenti, con il successivo arresto. Solo il giorno successivo Lavarra denunciò la morte ai carabinieri, tentando di depistare le indagini simulando un suicidio.
A uccidere la donna e mamma fu un unico colpo di pistola, in data 19 novembre 2018, con l’arma regolarmente detenuta dal vicentino in virtù della sua professione. Ad usarla, compiendo un delitto efferato e straziando una famiglia, fu proprio lui, come ammise solo nella primavera del 2019, e questo suo tardivo pentimento non “giustifica” secondo i giudici una riduzione della pena di fronte alla giustizia italiana.