CineMachine | Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar
REGIA: Joachin Rønning e Espen Sandberg
CAST: Johnny Depp, Javier Bardem, Brenton Thwaites, Kaya Scodelario, Kevin McNally, Geoffrey Rush, Stephen Graham, Martin Klebba, Golshifteh Farahani, Orlando Bloom, Keira Knightley, Paul McCartney
GENERE: Azione, Avventura
DURATA: 129 minuti
DATA DI USCITA: 24 maggio 2017-05-30
A circa sei anni dall’uscita nelle sale del quarto capitolo, intitolato Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare, la Walt Disney Pictures e la Jerry Bruckheimer Films, portano insieme, nei cinema di tutto il mondo, il quinto capitolo della saga iniziata magistralmente, nel 2003, dal regista, premio Oscar, Gore Verbinski.
Jack Sparrow (Johnny Depp), insieme al figlio di Will Turner (Orlando Bloom), Henry Turner (Brenton Thwaites) è alla ricerca del tridente di Nettuno. L’uno per sfuggire alla vendetta del capitano Salazar (Javier Bardem), desideroso di vendicarsi del piratuncolo che, anni or sono, fece colare a piccola la sua nave nel Triangolo del Diavolo e, di conseguenza, portò una maledizione sul “matador del mar” (così è soprannominato il capitano spagnolo dai pirati) e sulla sua ciurma, tramutandoli in fantasmi; l’altro, invece, vuole trovare il tridente per liberare il padre dalla maledizione che lo vincola all’Olandese Volante per l’eternità. I due vengono aiutanti dalla giovane ed estroversa scienziata Carina Smyth (Kaya Scodelario), dai più definita, disinvoltamente ed erroneamente, come una strega. È proprio per questo piccolo particolare che la ragazza è ricercata dalla marina militare inglese, ma il giovane Henry e il rocambolesco Sparrow la portano in salvo e la conducono con loro per mare e questo senza secondi fini (certo … come no …). Di fatto Carina è l’unica in grado di leggere la mappa che “nessuno può leggere” e, di conseguenza, è in grado di condurre i nostri protagonisti al luogo dove si narra sia nascosto il fantomatico tridente.
Di mezzo alla storia ritorna anche il caro vecchio Barbossa (Geoffrey Rush) che vede minacciata la sua enorme ricchezza, composta per lo più da navi, dalla nave fantasma del capitano Salazar. Per impedire allo spagnolo di depredare le sue navi, Barbossa stringe un patto con quest’ultimo: condurlo da Jack Sparrow avendo salva la vita delle sue navi e della suo equipaggio.
Mi dispiace per gli amanti della saga che leggeranno questo articolo, perché quivi non troverete una recensione sdolcinata su quanto sia bello il breve cameo che Orlando Bloom e Keira Knightley regalano alla fine del film. Piuttosto troverete una netta stroncatura di un target filmico che oramai è arrivato agli sgoccioli e ha ridotto la sua capacità trasmissiva-emotiva a poco o niente. Anzi è forse arrivato al punto tale che, invece di dare qualcosa allo spettatore, togliere ben due ore abbondanti di tempo ad una persona che, ingenuamente, è entrata in sala e sperava di vedere qualcosa di spettacolare. Ed invece, ribadisco, si va a perdere due ore di tempo in cui lo spettatore vede Jack Sparrow nel più brutto ringiovanimento al computer fatto fino ad ora; un Jack Sparrow che non sforna più le sue particolari, ma profonde perle di saggezza, ma blatera spasmodicamente su come bisogna approcciarsi al sesso femminile (“il prurito”), con dei dialoghi che sembrano scritti appositamente per dei bambini di sei anni; William Turner ed Elisabeth Swann ridotti a delle macchiette per soddisfare il “fans service”; una computer grafica che, spesso, fa storcere il naso da quanto è fatta male; qualche buco di sceneggiatura che ci fa saltare da una situazione ad un’altra senza una vera e meditata connessione logica; dei personaggi tagliati con l’accetta con risvolti psicologici quasi nulli. In conclusione, un film, come direbbero i francesi, molto “naif”.
Se a metà film ero sulle 2.5 stelle (in una classifica da 0 a 5), alla fine sono sceso a 2. In quella che è stata la mia impressione e la mia profonda rabbia all’uscita dalla sala, Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar lo si poteva tranquillamente evitare nel 2017. Purtroppo, e qui colgo l’occasione per aprire una breve parentesi, i produttori sono oramai consapevoli di quanto sia potente e persuasiva la pubblicità. Trailer, teaser, striscioni ed inserzioni annesse, esasperano lo spettatore a tal punto che questo, alla fine, tra la “vastissima” scelta di pellicole che gli viene proposta nei diversi cinema, decide di fare come fan tutti gli altri, ovvero andarsi a vedere questo “bellissimo film” (cit. da commenti sul web) con ben 4.5 stelle su certi canali di “veri critici”. Io non sono un critico, ma ritengo fuorviante posizionare un film come Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar in una classifica dove lo si potrebbe paragonare a Moon di Duncan Jones che sarebbe, realmente, un film da 4.5 stelle. Ops, è vero! C’è anche il parere del pubblico che, ovviamente, meno di 3 stelle, a questo film, non gliele da. Sommariamente, la vera critica è minimizzata a favore dell’intrattenimento o di quello che potremmo chiamare “autoerotismo filmico”. Spiegando e concludendo, le persone che spendono ancora qualche soldo per andare in sala, vanno a vedere ciò che piace in generale, senza alcuna profondità di campo e, ancor peggio, senza alcun senso critico. Questo avviene perché spesso ci viene detto, in modo alquanto indiretto, ciò che ci deve piacere, attraverso una varierà di canali comunicativi che evidenziano determinate categorie di prodotti, perché è di questo che stiamo parlando, e ne sottraggono altre che, invece, avrebbe molto più valore in ambito artistico, etico, estetico, morale, sociale, culturale ecc.
Il puro cinema come espressione artistica, come veicolazione di un messaggio, è stato nettamente separato dal puro cinema d’intrattenimento. Con ciò non diciamo che ogni qualvolta dovessimo andare al cinema dobbiamo stare tutti in concentrazione e riflessione come se stessimo facendo una lezione di ermeneutica, ma neanche pensare che questo tipo di film sia vero cinema, perché, oggettivamente, non lo è. Pensate a Terminator 2 di James Cameron: film d’intrattenimento sensazionale, ma, al contempo, un film che tratta drasticamente sulle ipotesi di una guerra atomica e sulle complicazioni sociali tra le macchine e le persone.
Dovremmo poi soffermarci sulla serialità che le pellicole stanno pian piano sempre più prendendo come modello di riferimento. Se un target piace, le case di produzioni ci macinano sopra fino allo svenimento. Chiaro campanello d’allarme che gli Stati Uniti non hanno più idee per il loro cinema. Di fatto, la maggior parte delle serie che guardiamo, sono di stampo statunitense. Se un episodio non suscita l’interesse del pubblico, si aspetta l’episodio successivo e così di seguito. Questo non è cinema, questo è raggirare l’inconsapevole spettatore che, pur di rivedere il proprio eroe, è disposto a pagare il biglietto al cinema, subire due ore abbondanti di scene pompate di CGI, per poi comprare il supporto fisico (DVD, Blu-Ray) e metafisico (abbonamenti per canali streaming), senza nemmeno rendersi conto che i personaggi e la stessa storia si sono appiattiti in un modo imbarazzante.
Aspettate ad alzarvi dalla poltrona fino alla fine dei titoli di coda perché, come ben insegna casa Marvel, ci sarà l’ultimo colpo di scena che vi farà venir voglia di sottoscrivere una dichiarazione di guerra alla Walt Disney. Tuttavia, spero nel mio cuore che su quella poltrona non vi sedere mai e che magari occuperete il vostro tempo in ben altri modi, magari in un’altra sala, con un altro tipo di film che nessuno andrà a vedere, così avrete tutta la sala per voi, senza schiamazzi di bambini o pre-adolescenti, in piena crisi per la morte di … No! Sono buono e non faccio spoiler.