Draghi incassa la fiducia al Senato, oggi si replica alla Camera. Fuori dal M5S i dissidenti
Il governo Draghi incassa una robusta fiducia al Senato, non sfonda il record della ‘quota Monti’, ma porta a casa i 262 ‘SI’. Quindici dei 40 ‘NO’ sono arrivati dal M5S. E altri 8 pentastellati non erano presenti. Due gli astenuti.
I dissidenti pentastellati, che saranno anche espulsi dal MoVimento sono: Granato, Gianuzzi, Lamura, Lanutti, Lezzi, Mantero, Mininno, Moronese, Morra, Ortis, Abate, Angrisani, Corrado, Crucioli, Di Nitto. Secondo il regolamento del Senato, che prevede dieci senatori per la costituzione del gruppo parlamentare, i contrari pentastellati hanno raggiunto il numero per crearne uno. Devono però risolvere il problema del collegamento col simbolo elettorale. In aggiunta, fra i contrari, figurano anche i 19 parlamentari di Fratelli d’Italia, tutti i componenti del gruppo a Palazzo Madama.
Oggi si replica alla Camera dove la discussione generale andrà avanti fino alle 12, quando sarà sospesa per la sanificazione dell’Aula. Riprenderà dalle 13.30 alle 16, quando ci sarà una nuova pausa per la sanificazione fino alle 18, quando si terrà la replica del presidente del Consiglio. Le dichiarazioni di voto saranno dalle 18.30 alle 20 (salvo slittamenti dell’ultimo minuto), quando avrà inizio la chiama per la votazione di fiducia.
Matteo Salvini si dice pronto ad appoggiare Draghi, ma “dopo l’emergenza torneremo a dividerci”. “La mia è una scelta scomoda, di coraggio per l’Italia: ci siamo messi in gioco. Sarebbe stato più facile restare in panchina col dito alzato per criticare quello che non va”, ha detto il leader leghista a Telelombardia. “Ho 47 anni e non ho mai vissuto un periodo come questo – ha continuato -. Tutti devono dare il loro contributo e fare la loro parte al di là delle bandiere. Superata l’emergenza torneremo a dividerci. In questo momento le emergenze, come dice Draghi, sono salute, lavoro e rinascita”.
Massimo Cacciari plaude al discorso di Draghi al Senato, ma: “le riforme non le vedremo”. Per l’ex sindaco di Venezia questa maggioranza così eterogenea difficilmente metterà d’accordo su questione in sospeso da anni come ius culturae, riforma del fisco, della suola o della giustizia. “I partiti – ha dichiarato su ‘La Stampa’- hanno il dovere preciso di appoggiarlo e di non rompergli i coglioni dopo quello che hanno combinato e Draghi è abbastanza intelligente da non chiedere cose impossibili. Ma il richiamo alla ricostruzione del dopoguerra è benevolmente ridicolo”. Allora l’unità ci fu – spiega Cacciari – “dal ’45 alla Costituente perché non si poteva fare diversamente. Poi la ricostruzione la fece la Dc con i suoi alleati lasciando fuori il Pci. Un po’ di memoria storica è necessaria. Comunque le parole di Draghi sono comprensibili e perdonabili”.