Covid, ok dell’Ema al vaccino monodose della Johnson&Johnson
Il club dei vaccini anti-covid approvati dall’Ema si allarga. Dopo Pfizer, Moderna e AstraZeneca, l’Agenzia europea del farmaco ha dato infatti il via libera al vaccino della Janssen, divisione farmaceutica della Johnson&Johnson. Con una raccomandazione: che l’autorizzazione sia condizionata al commercio in Ue per persone dai 18 anni d’età in su. Il disco verde è arrivato sulla base della valutazione degli esperti del comitato Chmp dell’Ema, che ha concluso che i dati del prodotto “sono solidi e rispondono ai criteri di efficacia, sicurezza e qualità”.
Una notizia che per l’Unione europea, salvo nuovi casi di taglio di dosi, significa 200 milioni di dosi di cui 27 per l’Italia. “Le autorità di tutta l’Unione europea avranno un’altra opzione per combattere la pandemia e proteggere la vita e la salute dei loro cittadini – ha dichiarato Emer Cooke, direttrice esecutiva dell’Ema – questo è il primo vaccino che può essere usato in dose singola”. E la Commissione europea ha dato l’autorizzazione per il mercato al vaccino come scrive la commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, su Twitter.
Realizzato con la “tecnologia” degli adenovirus, la peculiarità del vaccino sviluppato dall’azienda statunitense è, appunto, nella singola dose. I dati, pubblicati a fine gennaio, mostrano che il siero ha un’efficacia del 66% nel prevenire la malattia, nell’85% dei casi previene le forme più gravi di Covid che richiedono ricovero in ospedale mentre nel 100% dei casi evita la morte. Dal settimo giorno comincia la protezione degli anticorpi. Al 28esimo giorno è dell’85%. Il vaccino è stato testato in Sudafrica e Brasile. I dati di massima sicurezza ed efficacia si basano su 43.783 partecipanti che hanno portato a 468 casi sintomatici. Il composto ha funzionato meglio negli Stati Uniti, con un’efficacia del 72% contro il Covid da moderato a grave, rispetto al 57% in Sudafrica, contro la variante del virus più contagiosa. Il 41% dei partecipanti allo studio presentava comorbidità associate a un aumentato rischio di progressione della malattia grave come obesità, diabete di tipo 2, ipertensione, HIV e nello studio erano presenti anche altri partecipanti immunocompromessi.