Veneto/Covid: nelle terapia intensive pazienti più giovani e mortalità più bassa
A martedì 23 marzo mattina sono 260 i pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva degli ospedali veneti a causa dell’epidemia da Covid-19. Lo riporta il report di Azienda Zero diffuso stamane, che mostra anche come di questi, 24 si siani negativizzati durante il ricovero. Il dato è preoccupante: sono il doppio del numero più basso della seconda ondata, toccato il 24 febbraio con 132 posti letto occupati, ma ancora lontano dai picchi (in alto) di inizio gennaio, quando (proprio l’1) si toccò quota 401.
Solo una settimana fa, i pazienti Covid delle terapie intensive erano “solo” 203: sono aumentati di ben 60 unità in soli sette giorni, mentre invece i pazienti in area medica sono oggi 1505 (erano quasi tremila a inizio gennaio), ma ad essi vanno aggiunti 248 ancora ricoverati ma guariti dal virus e 161 pazienti presenti negli ospedali di comunità (130 ancora positivi al virus e 31 negativizzati). In tutto sono oggi ricoverati per Covid in Veneto 2-174 persone.
A fare il punto sui pazienti Covid che necessitano delle cure più impegnative è stato oggi durante il punto stampa della Regione a Marghera, nella sede della protezione civile, il dottor Paolo Rosi, responsabile regionale delle terapie intensive. “Rispetto a febbraio siamo passati da 5 o 8-9 ingressi giornalieri in terapia intensiva – ha spiegato – ai 20 di questi giorni, con picchi fino a 25. Questo significa che la media dei nuovi ingressi supera la media dei dimessi. La curva sta salendo, è un po’ meno ripida di quella che abbiamo visto a ottobre-novembre, ma se l’andamento non cambia a fine mese avremo 300-310 pazienti in terapia intensiva. Per questo abbiamo già aumentato i posti letto operativi, portandoli a 600 e riducendo le attività non essenziali negli ospedali”.
Con l’occasione Rosi ha presentato anche alcuni dati rispetto ai pazienti ricoverati in terapia intensiva, evidenziando alcuni cambiamenti avvenuti fra la seconda e la terza ondata: “Il cambiamento principale è che c’è una grossa riduzione degli ultraottantenni, conseguenza anche della vaccinazione. E’ cresciuta invece la fascia di età 60-80 anni. Resta più o meno uguale invece la percentuale di pazienti ricoverati che necessitano della terapia intensiva: siamo sempre intorno all’11-12%”.