Sisma di Amatrice, dopo L’Aquila un altro imprenditore se la ride
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Mazzette e incarichi a parenti e amici per aggiudicarsi appalti pubblici nella ricostruzione de L’Aquila: a oltre otto anni dal terremoto che causò distruzione, 309 morti e circa 1.500 feriti, una nuova inchiesta giudiziaria scuote quello che è considerato il cantiere più grande d’Europa.
Nei guai 35 persone, coinvolti funzionari infedeli, anche di vertice, dei beni culturali abruzzesi con sede nel capoluogo di regione, imprenditori e professionisti: 10 sono finiti agli arresti domiciliari, a cinque e’ stata notificata l’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale, altri 20 sono indagati. Tutte le persone indagate esercitavano la propria attività in Abruzzo, Campania, Marche e Puglia.
Secondo quanto appreso, le indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore capo Michele Renzo e dal pm Antonietta Picardi, sarebbero scattate grazie a degli spunti investigativi emersi da un’altra inchiesta. Con intercettazioni telefoniche e ambientali e con alcuni documenti video e foto, sarebbero state dimostrate le somme di denaro consegnate per vincere gli appalti.
Intanto anche il terremoto del Centro Italia del 2016, come quello dell’Aquila, fa registrare un imprenditore che ride: si tratta di Vito Giuseppe Giustino, 65enne di Altamura (Bari), presidente del Cda della società cooperativa l’Internazionale, intercettato nella nuova inchiesta della procura dell’Aquila. Nell’ordinanza il Gip scrive: ‘Ride. L’uomo, ai domiciliari, annuisce e ride parlando delle future commesse, in particolare ad Amatrice. Come si legge nelle 183 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, dopo le nuove scosse di terremoto “gli imprenditori monitorati da questo ufficio, tra i quali hanno assunto un comportamento particolarmente cinico i rappresentanti della società l’Internazionale, hanno cercato nuovi incarichi, grazie ai rapporti diretti con i pubblici funzionari”. Il geometra della sua ditta, Leonardo Santoro (anche lui ai domiciliari) riassume il gip Gargarella, spiegava al suo datore di lavoro Giustino “che presso il Mibact era stata creata un’unità di crisi per valutare i danni ai beni architettonici. Giustino, sentite le parole del Santoro – prosegue il gip – ha riso in maniera beffarda della nuova situazione venutasi a creare, in quanto per l’impresa il nuovo sisma non avrebbe potuto che portare nuovi introiti, tanto più se l’appoggio di Piccinini e Marchetti (altri due arrestati, ndr), funzionari del Mibact e inseriti nell’unità di crisi, non fosse venuto meno”.