Mafia Capitale, Pignatone: “In città i clan esistono e non mi rassegnerò mai”
A due giorni dalla sentenza di primo grado su Mafia Capitale e dopo essersi preso una notte di riflessione “perché – ha detto – le cose si vedono meglio con la testa fredda”, parla Giuseppe Pignatone, Procuratore capo di Roma: “In città i clan esistono e io non mi rassegnerò mai”.
Pignatone, nelle due interviste rilasciate a La Repubblica e a Il Corriere della Sera, fornisce chiavi di lettura diverse della sentenza. Al quotidiano di Via Solferino dice di non sentirsi sconfitto: “E’ crimine organizzato, noi andremo avanti”, assicura. A La Repubblica invece ammette di aver perso, ma di non volersi comunque rassegnare.
“Con questa indagine – sottolinea – intendevamo proporre un ragionamento avanzato sul rapporto tra mafia e corruzione. Per altro, muovendoci nel solco della più recente giurisprudenza di Cassazione sull’articolo 416 bis. Ora, il tribunale ha espresso un parere diverso e dunque aspettiamo le motivazioni per comprendere quale è stato il percorso logico della decisione”.
E ancora: “Se si tratta di questioni che riguardano l’interpretazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso o, al contrario, di una diversa lettura e qualificazione del fatto storico che il dibattimento ha provato. Dopodiché, se il tribunale ci convincerà, non faremo appello, altrimenti impugneremo”.
Il procuratore capo di Roma ha quindi ribadito che “a Roma le mafie esistono. E lavorano incessantemente nel traffico di stupefacenti, nel riciclaggio di capitali illeciti, nell’usura. Solo lo scorso giugno abbiamo sequestrato beni di provenienza mafiosa per 520 milioni di euro. Sono mafie che incidono pesantemente nella qualità della vita dei cittadini, nella libertà delle loro scelte”.
“Auspico l’appello da parte della Procura. Le mafie a Roma coesistono con un patto di non belligeranza nato con la garanzia della banda della Magliana”. Lo dice la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi al Fatto quotidiano della sentenza “mafia capitale”, che non ha riconosciuto il vincolo mafioso contestato dalla Procura di Roma. “Mentre abbiamo una magistratura inquirente professionale e strumenti adeguati, a leggere i fenomeni mafiosi forse non ne abbiamo una giudicante altrettanto specializzata”, ha aggiunto Bindi.