In codice rosso al pronto soccorso per 4 ore: muore 23enne a Napoli
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Ennesimo tragico episodio di malasanità in Italia, a Napoli, dove un 23enne ha perso la vita. Ricoverato in codice rosso all’ospedale Loreto Mare in seguito ad un incidente stradale, il giovane, ha dovuto aspettare 4 per un esame, e il giorno seguente è morto. A denunciarlo è il responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale partenopeo, Alfredo Pietroluongo, che in un esposto interno punta il dito contro un altro medico e alcuni infermieri dell’ospedale. Secondo Pietroluongo infatti, il ritardo potrebbe aver compromesso il quadro clinico del paziente.
E’ il consigliere regionale della Campania, Francesco Emilio Borrelli, a rendere nota la storia. E lo fa diffondendo la denuncia presentata dal responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare, Alfredo Pietroluongo. “Dopo le indagini radiografiche e Tac veniva riportato in codice rosso dove i rianimatori constatavano un progressivo peggioramento delle condizioni generali ed un progressivo calo dell’emoglobina ai valori 7 – si legge nella denuncia – Si provvedeva a richiedere il sangue in urgenza e alle ore 1.04 avveniva il ricovero in Chirurgia con prognosi riservata ed in imminente pericolo di vita”. “Ciò nonostante – continua la denuncia – il paziente rimaneva in codice rosso impegnando due unità infermieristiche del Pronto Soccorso con visibile disagio per il resto delle attività dello stesso pronto soccorso mentre le anestesiste intervenute rientravano in rianimazione”.
Passa ancora del tempo, fino alle ore 1.45 quando Pietroluongo scrive che “venuto a conoscenza del fatto che il paziente era in attesa da circa due ore di essere trasportato in un altro Presidio per eseguire una angioTac e la cosa si rallentava perché non vi era accordo su quali infermieri avrebbero dovuto eseguire il trasferimento” chiede al medico che aveva in carico il 23enne “di provvedere ad accelerare i tempi dell’iter diagnostico anche perché il codice rosso era bloccato da circa quattro ore”. Il medico di turno risponde che “sapeva lui cosa doveva fare e che le cose andavano bene così”. Nel frattempo viene deciso chi doveva accompagnare il paziente. Ma intanto “alle ore 3.30 il padre del ragazzo quasi in lacrime, infuriato, mi veniva a chiedere cosa si stava aspettando, preoccupato delle condizioni del figlio che peggioravano”.
Pietroluongo cerca di parlare con il medico che stava seguendo il caso e scoppia uno scambio di accuse. A quel punto “mi precipitavo al Pronto soccorso chiedendo che un infermiere del Pronto soccorso si offrisse volontario per l’accompagnamento e raccomandavo di far partire immediatamente l’ambulanza con rianimatore e chirurgo a bordo”. Il gruppo parte “ma senza rianimatore”. Il 23enne arriva all’ospedale Vecchio Pellegrini: gli vengono trasfuse altre tre sacche di sangue e i medici criticano l’assenza dell’autoambulanza rianimativa, mezzo che non è stato ottenuto neanche per il ritorno al Loreto Mare dove il paziente rientra alle ore 8.30. Viene condotto in rianimazione dove muore.
“La denuncia di ritardata assistenza – spiega Borrelli – parla chiaramente di oltre quattro ore trascorse tra l’arrivo in codice rosso al Loreto Mare, la stabilizzazione del paziente e il successivo trasferimento al Vecchio Pellegrini per di più senza ambulanza rianimativa. Un fatto gravissimo che deve essere approfondito in modo capillare poiché occorre comprendere la natura di questo ritardo e verificare se lo stesso abbia compromesso ulteriormente il quadro clinico del ragazzo già complesso”.