Tesina, è il giorno dei 67 licenziamenti. La proprietà non cede e l’azienda di pantaloni chiude
È arrivata l’ora della firma. Quella della lettera di licenziamento. A gruppi di quattro, questa mattina nella sede di via della Tecnica a Sarcedo le 67 lavoratrici dell’azienda Tesina sono state chiamate dalla proprietà Forall a sottoscrivere la fine del rapporto di lavoro. Un impiego che si concluderà il 30 settembre per tutto il personale, con donne in azienda anche da più di 30 anni. Delle 67 dipedenti, solo sette sono prossime alla pensione, le altre vengono licenziate, come annunciato dai vertici aziendali due mesi fa.
I vertici aziendali non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Le ragioni per cui chiude la storica fabbrica che produce i pantaloni Pal Zileri viene spiegata dalla proprietá (da qualche anno acquisita dal fondo degli Emirati Arabi Mayhoola for Investments) nella lettera che è stata sottoscritta dalle lavoratrici oggi, per l’occasione riunite in assemblea permanente fino a sera. “I motivi del licenziamento – si legge nel documento – si riassumono nella difficile situazione economico-finanziaria del gruppo Forall, a cui fa capo Forall Confezioni spa e che coinvolge in particolare Tesina srl (controllata da Forall spa), azienda specializzata nella produzione del pantalone classico maschile, la quale ha registrato nel corso degli ultimi anni una notevole riduzione dei volumi, che ne ha compromesso irreversibilmente la competitività, rendendo necessaria e non più procrastinabile la chiusura della società”.
In un clima di tristezza e rassegnazione, alla presenza dei rappresentanti sindacali e di Confindustria, del direttore dello stabilimento e della responsabile delle risorse umane, le lavoratrici hanno messo la firma su quel foglio di carta che le lascia senza un lavoro. Il caso, emblematico di quanto sia ancora mordente la crisi, e in particolare quella del settore tessile, è finito anche al Parlamento europeo tramite una interrogazione dell’onorevole della Lega Nord Mara Bizzotto, che ha avanzato alla Commissione Ue “la richiesta di attivazione del Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione (Feg) e di ogni altro fondo europeo per rendere disponibili, il prima possibile, tutti gli strumenti e le risorse necessarie per sostenere questi lavoratori”.
“Lavoreremo con il nodo alla gola ma a testa alta fino all’ultimo giorno” è il pensiero espresso da qualcuna delle lavoratrici, la maggior parte di mezza età, all’uscita dalla fabbrica. Tutte dicono di lasciare fra questi muri non solo un lavoro ma un pezzo importante della propria vita e delle proprie amicizie. Con la fine del mese rimarranno a casa, poi si avvieranno le procedure di rito e l’inserimento nelle liste del Centro per l’impiego. Vicinanza alle lavoratrici è stata espressa in questi giorni, ma fin dai primi giorni in cui è arrivata la notizia della chiusura, dal sindaco di Sarcedo, Luca Cortese.