Perché solo quando si perde qualcosa si comprende quanto è importante?
L’ho sempre sentito dire, “è quando perdi qualcosa che capisci quanto fosse importante”. In linea di massima sapevo quanta verità ci fosse in questa frase…ma non fino in fondo. Ho appurato questo concetto giusto qualche giorno fa, quando per cause ancora sconosciute mi sono ritrovata senza forza alle gambe e mi sono dovuta muovere dapprima in braccio a mio padre, ritrovandomi successivamente in sedia a rotelle per una manciata di interminabili giorni, tra le mura dell’ospedale.
Beh, che dire? Una lotta per qualunque movimento, per qualunque necessità. Fosse per andare dal letto al bagno, o semplicemente prendere un bicchiere d’acqua. Forse il mio esempio è un po’ estremo, insomma, ritrovarsi di punto in bianco senza la possibilità di autonomia alla quale si è abituati e appunto, si dà per scontata praticamente sempre… Ma si può parlare di perdita su qualunque fronte e in qualunque modo. Per quanto mi riguarda, sono molteplici le mancanze a cui mi sono dovuta abituare o che ho dovuto affrontare ed accettare… Ciò che mi pesa di più è la perdita di attenzione, concentrazione e memoria. Ho sempre potuto godere/usufruire di un’ottima memoria (dagli studi al semplice lavoro mnemonico su un numero di telefono o un compleanno), di un’allenatissima lettura veloce (divoravo libri enormi con la facilità con cui si leggono paroline di un collage o indicazioni stradali) e di una concentrazione fuori dagli schemi. Non ho mai faticato per ricordare, capire o simili… E dentro di me, se devo essere sincera, ne facevo un vanto. Ora, dopo essermi “mangiata” tutte queste capacità importantissime e fondamentali (almeno dal mio punto di vista), ne sento la mancanza e mi ritrovo delusa e abbattuta a sfogliare riviste senza capire i più stupidi articoli. Non parliamo di leggere un intero libro!
Capacità mnemoniche a parte, potrei spaziare su altre mille cose che, lo ammetto, dò per scontate spesso e volentieri. La vista ad esempio, che con gli anni viene sempre meno, non la apprezzo abbastanza. La possibilità di vedere in mezzo alla nebbia un cartello stradale, o semplicemente leggere un’etichetta di una maglia o di un alimento, e via dicendo. Come mi è successo, l’uso delle gambe. Che non servono solo a spostarsi ma ci consentono indirettamente di fare una moltitudine di cose, dalle più stupide (alzarsi ogni qualvolta si voglia da una sedia per sgranchirsi le gambe) alle più importanti (spostarsi di stanza in stanza).
Oppure posso parlare anche della perdita di lucidità, che ho sperimentato più volte nel corso della mia vita e di cui ci si rende poco conto e comunque, se ne ha coscienza solo a posteriori. Non è bello ritrovarsi senza un “qui ed ora” quotidiano e senza coscienza della realtà e del presente. Quando poi si torna in sé, si paga ogni pensiero e azione fatte in quel buio periodo. E che dire della perdita, differente e non fisica, di un amico o un familiare? Quando diamo per scontato la presenza di qualcuno che poi d’un tratto ci abbandona per le più svariate cause?
Ora, potrei stare qui ore ad elencare le più svariate mancanze ma non è mia intenzione deprimervi del tutto. Piuttosto, vorrei ragionare sulla coscienza. La coscienza di ciò che abbiamo e che non apprezziamo mai totalmente. Perché capita spesso, di usufruire dei doni della vita e dell’esistenza senza esserne coscienti e senza sentire il bisogno di ringraziare qualcuno/qualcosa (anche la vita stessa). Il nostro corpo e i suoi mille funzionamenti, le persone care, le emozioni, gli oggetti, il mondo tutto insomma. Perché arrivare al punto di perdere qualcosa? Non possiamo dare il giusto valore e importanza alle cose in tempo? Perché abbiamo questa inconsapevole (più o meno) tendenza ad appisolarci alla realtà e a ciò che abbiamo, senza pensare mai che potremmo perdere qualcosa da un momento all’altro?
Non sto puntando il dito sia chiaro. Parlo, anzi ragiono, tra me e me su questi argomenti da qualche settimana. E’ per vivere con più leggerezza che la consapevolezza di tutto la accantoniamo (sarebbe impensabile ringraziare e valorizzare ogni piccola grande cosa ogni qualvolta la si usa/incontra)? E’ un modo di vivere senza tante “fisime mentali”? Oppure siamo semplicemente incapaci di valutare al giusto modo ciò che abbiamo o ci circonda/succede? O ancora, ci risulta troppo doloroso sapere di poter perdere ogni cosa in qualunque momento senza averne il controllo?
Bah, forse son vere tutte queste ipotesi, e si intercambiano di volta in volta, di situazione in situazione. Resta il fatto che, ora che ho potuto constatare certe verità, cerco di usufruire alla meglio di ciò che ho e di salvare il salvabile. E voi?