Jorginho lancia l’Italia in finale agli Europei. Grazie anche al dna e al trisnonno vicentini
Un suo avo emigrò da Santa Caterina, frazione di Lusiana Conco sull’Altopiano, allo stato di Santa Catarina, sud del Brasile, mantenendo quel cognome (Frello) tramandato poi ai discendenti fino ai giorni nostri. Tra questi, oggi, spicca quello che porta un 29enne già soprannominato “Il Rigorista”, dopo quello di “Il Professore“, già tanto caro alla serie televisiva “Casa di Carta” che, ironia della sorte, è ambientato in Spagna, vittima dei rigori contro l’Italia. Il riferimento comunque, per i pochi che non l’avessero intuito, è a Jorge Luiz Frello Filho, meglio noto con l’apelido in lingua portoghese di Jorginho.
Che significa “piccolo Giorgio”, e pure ci sta benone in contrapposizione al “Giorgione” della Nazionale, vale a dire il capitano e colosso della difesa Chiellini. Grazie alle origini venete, vicentine e infine di Lusiana, Jorginho ha acquisito in adolescenza la doppia cittadinanza, scegliendo poi negli anni della maturità di vestire la maglia azzurra dell’Italia. Contribuendo “chiavi in mano” del centrocampo a catapultarla alla finalissima degli Europei di Calcio 2020 di domenica prossima.
Ed è così che il popolo italiano ringrazia a distanza di quasi un secolo e mezzo la decisione, probabilmente assai sofferta, del trisnonno Giacomo Frello, che mise in valigia il poco che aveva in cerca di fortuna oltre l’oceano Pacifico, lasciando per sempre le montagne altopianesi. Emigrò come tanti altri vicentini in cerca di fortuna in Sudamerica, alla fine dell’800, riservando ai posteri solo qualche traccia delle sue origini nei documenti anagrafici comunali. Gli stessi che oltre 15 anni fa, su richiesta degli uffici di Verona vennero inviati da Lusiana al capoluogo scaligero, città dove un allora adolescente Jorge Luiz Frello era venuto a vivere inseguendo un sogno sportivo, accompagnato dalla madre ex calciatrice anche di buon livello.
Nessun contatto attuale o parentela stretta risultano noti con Lusiana e dintorni, dove il cognome Frello resta comunque diffuso. C’è di che sbizzarrirsi con gli alberi genealogici ora, cercando qualche “gancio” con il classe ’91 – le 30 candeline si festeggeranno il prossimo 20 dicembre -, già padre di tre figli e campione affermato. “Ad oggi non ci risulta che Jorginho sia mai stato a Lusiana Conco – ci racconta il sindaco locale Antonella Corradin – e in verità stiamo approfondendo per verificare se dei discendenti di quel ceppo familiare vivano ancora qui. E’ un cognome ‘nostro’ e c’è anche una via dedicata – ndr via Frelli – tra l’altro”. Una “corte” di case proprio a Santa Caterina, composta da una decina di abitazioni. Chissà se quel nonno temerario partì proprio da qui e cosa Jorge Luiz conosce della storia di famiglia, ma sicuramente è uno dei temi più d’attualità in questi giorni tra bar e contrade locali. “Di lui se ne parla parecchio in paese e non solo adesso, ma da qualche anno, soprattutto dai tempi del suo passaggio al Napoli – continua l’amministratrice – anche se le pratiche burocratiche erano precedenti di qualche anno, di quando era un giovanissimo calciatore del Verona”.
Non si può escludere a priori che il calciatore abbia fatto una capatina a Santa Caterina, terra natìa del trisavolo, magari in incognito, accompagnato dalla madre, ma ciò che è ormai certo che un invito ufficiale a visitare Lusiana e dintorni gli arriverà a breve una volta conclusi gli Europei, legando simbolicamente il suo passato remoto a un presente ricco di soddisfazioni. “Proveremo sicuramente a contattarlo – questa è l’intenzione da parte della prima cittadina ma un po’ di tutti da queste parti – per invitarlo a una festa annuale che dedichiamo ai nostri migranti. Tra l’altro premiando quelli che più si sono distinti, e direi che Jorginho è un buon candidato”. Una battuta, certo, ma con l’augurio sotteso che il n°8 lo sarà ancora di più, facendo gli scongiuri di rito, se domenica sera ad alzare il trofeo continentale sarà proprio lui con i suoi compagni dell’Italia del pallone. Magari ringraziando per l’opportunità in differita di oltre un secolo fornita dal trisnonno Giacomo, autore di un assist ancor più calibrato dei suoi, capace attraversato 100 anni di storia e stoppato di petto e cuore dal baby Jorge sbarcato in Veneto.
A quei tempi l’ancora più piccola stella nascente Jorginho non era certo un “fenomeno” del pallone, ma entrò nel vivaio del club professionistico gialloblu per affrontare la gavetta e la progressiva ascesa verso il calcio che conta. A poco più di 19 anni, tanto per dire, giocava (in prestito) in serie C2 o meglio la Seconda Divisione di allora, guadagnandosi la salvezza per il rotto della cuffia con il San Bonifacio, al confine con la provincia vicentina. Esperienza utilissima per prendere le misure con il calcio dei grandi, a posteriori, farsi le ossa dal centro del campo anziché lisciarsi le unghie dalla panchine come tanti coetanei di talenti poi scomparsi dai radar. Al rientro al Verona, poi, dalla stagione successiva contribuì alla promozione dalla serie B alla serie A fino a farsi apprezzare a tal punto tra i big da interessare al Napoli di Maurizio Sarri, che se lo assicurò e lo rese uno dei migliori interpreti nel ruolo, arrivando a divenire il perno in mediana dei partenopei e sfiorare lo scudetto negli anni dell’egemonia totale della Juventus.
E così si arriva ai giorni nostri, a un azzurro più tenue vestito a Londra in maglia Chelsea dall’estate 2018, in cambio di una vagonata di euro (60 milioni secondo i bene informati). Suo sponsor perpetuo fu ancora il tecnico toscano Sarri, che lo ha portato con sè oltremanica riuscendo a vincere l’Europa League, prima coppa internazionale di prestigio per l’asso della terra di mezzo, due anni fa. Recentissimo invece il trionfo in Champions League, con il trofeo alzato al cielo un mese e spiccioli fa da titolare e da protagonista assoluto. E l’avventura europea in azzurro attende da lui ancora una pagina da scrivere, dopo 34 gettoni di presenza e 5 gol all’attivo.