Inchiesta di 17 testate: giornalisti e attivisti spiati dai governi
Spiavano giornalisti, attivisti, avvocati e oppositori politici servendosi di Pegasus, un software distribuito dalla società di sorveglianza israeliana NSO Group. Ufficialmente venduto solo ad agenzie di intelligence e istituzioni internazionali riconosciute allo scopo di combattere terrorismo e criminalità, pare sia finito nella mani di diversi governi, in alcuni casi dittature, che hanno così potuto spiare messaggi, telefonate, estrarre foto e informazioni di circa 50mila sogetti che non rientravano in indagini di polizia, aprendo le porte a violazioni della privacy.
Nel mirino dell’inchiesta condotta dal Washington Post e altre 16 testate internazionali, anche il governo ungherese di Viktor Orbán che potrebbe aver utilizzato la tecnologia di NSO come parte della sua cosiddetta guerra ai media. Avrebbe così preso di mira i giornalisti investigativi nel Paese e la stretta cerchia di uno dei pochi dirigenti indipendenti nel panorama mediatico nazionale. “In Ungheria gli organi statali autorizzati all’uso di strumenti sotto copertura sono monitorati regolarmente dalle istituzioni governative e non governative” replica secco lo stesso staff di Orban al Washington Post chiedendo ai giornalisti della testata se “la stessa domanda” sia stata fatta “ai governi degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Germania o della Francia”.
A Pegasus, secondo quanto emerge dai leak dell’indagine, avrebbero fatto ricorso anche l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti per prendere di mira i telefoni di stretti collaboratori del giornalista del Washington Post ucciso nel consolato saudita a Istanbul, Jamal Khashoggi, nei mesi successivi alla sua morte.