Cuore e Psiche – Resilienza: cadere e rialzarsi
Inizia quest’oggi una nuova collaborazione per L’Eco Vicentino. A fianco delle nostre rubriche di cinema, attualità, tempo libero, blockchain, cucina, viaggi, se ne aggiunge una nuova e preziosa. Si tratta di Cuore e Psiche, uno spazio dedicato alla psicologia ed alle emozioni curato da una nostra nuova collaboratrice. Imparerete ad apprezzare la grande profondità della sua persona e sensibilità attraverso le sue righe, così come le sue riflessioni e la sua competenza in materia.
La Redazione
Il termine resilienza negli ultimi anni ha preso fortemente piede nelle conversazioni quotidiane e si utilizza per veicolare un messaggio di desiderio di crescita e sviluppo di una personale “corazza psicologica”. Solitamente infatti lo si utilizza quando si vuole descrivere gli aspetti positivi che caratterizzano una persona, rappresentandone una sfaccettatura psicologicamente meno predisposta a crolli emotivi grazie appunto alla capacità di superare e lenire le proprie cicatrici interiori, fronteggiando le difficoltà che si credeva di non riuscire a vincere.
La resilienza rappresenta una qualità che spesso, inconsapevolmente, ci si trova ad incrementare ed utilizzare di fronte a realtà esistenziali inaspettate, che richiedono di “imparare a navigare sotto la tempesta” (George Gray). Quest’ultima frase ad una prima lettura potrebbe dir poco, ma riflettendo sul fatto che questa è la frase con cui un bambino con una malattia oncologica all’ospedale di Padova, insieme alla sua famiglia, si fa forza e “stringe i denti” , forse potrebbe aiutare noi stessi nelle nostre piccole-grandi sfide quotidiane.
Sul tema della resilienza vari libri hanno dato una chiave di lettura, uno di questi ad esempio è “Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi” a cura di Elena Malaguti. La definizione che l’autrice da di questa qualità è la seguente: “La resilienza può essere definita come il processo che permette la ripresa di uno sviluppo possibile dopo una lacerazione traumatica e nonostante la presenza di circostanze avverse”, e può essere applicata a vari ambiti in cui può fare la differenza. In molte patologie è stato dimostrato che per la miglior riuscita della terapia, oltre alla costanza e all’aderenza terapeutica, è di vitale importanza manifestare stategie di coping quali appunto la resilienza, in grado (alle volte) di riscattare la vita di una persona anche quando le aspettative non erano poi così alte e la speranza iniziava a vacillare. Tuttavia non riguarda unicamente l’aspetto medico-sanitario, essa si manifesta nell’ambito lavorativo, relazionale, familiare ed in tutte quelle situazioni in cui non ci si spezza di fronte ad avversità imponenti.
Ciascuno di noi ha occhi diversi ed il proprio sguardo è “allenato” a circostanze e difficoltà che osserviamo attraverso le nostre lenti, diverse alle volte da quelle di chi ci sta attorno. Per questo il punto di partenza non è sminuire le altrui cicatrici a favore delle nostre,magari ritenute più grandi; ciascuna persona che si incontra per la strada, al bar o alla fermata di un bus può trovarsi alle prese con una battaglia interiore che va rispettata, anche quando non la si capisce fino in fondo; ricordando che non tutti vedono i nostri stessi colori.
Una volta chiarito questo, vi sono varie migliorie che si possono compiere nell’arco della nostra esistenza tramite piccoli esercizi di “palestra mentale” per sviluppare quel lato di noi stessi che si pone come salvaguardia per le vicende quotidiane dolorose e traumatiche. È importante riconoscere il dolore, guardarlo in viso ed ammettere che esso esiste, ricordando sempre che dedicarsi ad altro o scinderlo dalla persona che siamo non alleggerirà le nostre spalle. È importante viverlo come parte di noi, perché una volta che lo si è visto e lo si è conosciuto non sarà più in grado di controllare attivamente la nostra vita, e ci ridarà in mano le redini per proseguire. È fondamentale inoltre allenarsi alla flessibilità, alla capacità di accettare che non sempre le nostre aspettative si possono confermare.
L’imprevedibile è perennemente dietro l’angolo e una vita a tentare di nascondere la fatalità del caso ci renderà meno predisposti ad affrontarlo e porterà ad “accanirsi” ad aspetti che non ci sono più, facendo rallentare la persona nel processo di risoluzione. Ogni giorno vi è la possibilità di essere infelici per tutto ciò che ci è successo , arrivando a farci chiedere alle volte: “perché proprio a me?”; ma le parole sono cura e allontanandoci da queste per dirigerci verso aspetti che ci rendono attivamente i “registi” della nostra vita sarà più facile tornare a veder sbocciare un fiore, anche sotto la tempesta.