Salutata ieri l’alpinista precipitata sabato sulle Dolomiti. Roberta Chiari aveva 54 anni
Sono state celebrate ieri mattina a San Giuseppe di Cassola le esequie di Roberta Chiari, l’alpinista vicentina di 54 anni residente a Rosà che ha trovato la morte sabato durante un’escursione sulle Dolomiti bellunesi. La donna, scalatrice di lungo corso e profonda amante quanto conoscitrice della montagna, è precipitata nel vuoto senza trovare scampo nel primo pomeriggio del 9 ottobre scorso, lungo il percorso del Sasso di Toanella.
Faceva parte di una comitiva di quattro escursionisti, due coppie di esperti di arrampicata. Il tentativo di salvarle la vita da parte del Soccorso Alpino e del Suem attraverso il sorvolo sopra le rocce della zona impervia di un elicottero del 118, purtroppo, si era rivelato vano: letali le lesioni riportate a causa dei politraumi conseguenti della terribile caduta, di più centinaia di metri.
La Procura di Belluno dopo aver acquisito gli esiti tecnici delle indagini sul tragico episodio ha chiuso il fascicolo, avvalorando l’ipotesi unica che parla di un incidente di montagna, permettendo così la restituzione della salma della donna ai familiari. Il nulla osta concesso nell’arco di poche ore ha permesso di organizzare in breve tempo il funerale, svoltosi nella cittadina dove la 54enne aveva vissuto per lungo tempo, prima di trasferirsi a Rosà in anni recenti.
Roberta è stata quindi accompagnata ieri mattina simbolicamente alla “vetta più alta”, da quanti la conoscevano e le volevano bene, lasciando i quattro fratelli con cui era cresciuta, e le rispettive famiglie. La sfortunata vittima dell’incidente era conosciuta in più località del Bassanese, anche a Romano d’Ezzelino dove lavorava come dipendente di un’azienda locale. Il compagno – Paolo il suo nome – vive invece nel Bellunese, e con lui si era mossa sabato alle prime luci del mattino per un’uscita sulle Dolomiti come tante altre completate con successo in passato.
Insieme alla coppia di amici, sabato poco dopo le 13, i due si trovavano sulla via di ritorno lungo un sentiero impegnativo ma che non necessita dell’impiego di imbragature di sicurezza. Erano in fase di discesa a quota 2.400 metri poco sotto la cima raggiunta precedentemente dal quartetto: tutto è successo in un attimo, senza possibilità alcuna di fornire aiuto. Un piede in fallo e la conseguente scivolata in un canalone hanno causato la disgrazia.