Sì al suicidio assistito, primo via libera in Italia
Un uomo di 43 anni affetto da tetraplegia da dieci anni potrà accedere alla procedura per il suicidio medicalmente assistito. Il via libra è arrivato dall’Azienda Sanitaria delle Marche: il primo parere favorevole era giunto a giugno dal tribunale, poi il caso si era arenato in attesa del parere del comitato tecnico di Ancona, che è arrivato a seguito delle indicazioni della Consulta nella sentenza sul caso del dj Fabo che scelse di morire con il suicidio assistito in una clinica svizzera il 27 febbraio del 2017. La decisione è arrivata dopo un iter lungo 14 mesi, dopo due diffide legali all’Asur (l’Azienda Sanitaria Unica Regionale) e l’aiuto offerto dall’associazione Luca Coscioni che si è battuta affinché, nel rispetto delle condizioni indicate appunto dalla Consulta, si potesse estendere anche nel nostro Paese il suicidio assistito, a cominciare dal caso di quest’uomo, un camionista di Pesaro che dopo un incidente stradale era immobilizzato a letto.
Il Comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche ha deciso che nel suo caso infatti ci sono le condizioni per accedere al farmaco letale: nello specifico, medici e psicologi hanno verificato la sussistenza di tutte e quattro le condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale, tra cui l’irreversibilità della malattia, l’insostenibilità del dolore e la chiara volontà del paziente. La persona deve infatti essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni. Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita – rende noto l’Associazione Coscioni il 43enne. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”.
L’avvocato Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni e co-difensiore dell’uomo ha dichiarato: “E’ molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito. Quest’uomo è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda”.