Piscine in crisi, scatta lo sciopero. Impianti chiusi il 6 febbraio
Una crisi profonda quella che sta investendo le attività natatorie non solo in provincia. Dopo aver richiesto, invano, l’aiuto del Governo arriva la decisione di chiudere per protesta gli impianti domenica 6 febbraio. Il settore che conta oltre 300 mila addetti rischia il collasso dopo le serrate forzate a causa della pandemia, ora gli accessi sono inevitabilmente ridotti a causa delle limitazioni imposte per contrastare il virus. Il problema si ripercuote a caduta sull’attività sportiva che vede un calo drastico da parte dei giovani e il timore è che la ripartenza non sia così scontata. Inoltre, come se non bastasse, il caro bollette sta facendo lievitare vertiginosamente i costi di gestione.
“Dall’inizio della pandemia – denuncia il coordinamento associazioni gestori impianti natatori – siamo stati obbligati a 10 mesi di chiusura subendo perdite molto significative. Le piscine sono state le prime attività ad essere chiuse e le ultime ad aprire. dall’entrata in vigore del green pass del 6 agosto scorso con Green Pass lavoriamo ancora oggi al 40% della capienza in ragione dei limiti COVID (di fatto mai allentati). Dei ristori tanto paventati non sono arrivati nemmeno al 5% dei ricavi annuali, quando mediamente si sono registrate riduzioni di fatturato di oltre il 50-60%, somme che non bastano nemmeno a pagare un mese di utenze di luce, acqua e gas. E adesso, come se non bastasse, è arrivato il cosiddetto “caro bollette” con aumenti superiori al 50%”.
Sulla vicenda interviene anche Daniela Sbrollini di IV: “La pandemia ha fatto finire nel tritacarne, assieme a tante altre categorie imprenditoriali ed economiche, anche il mondo dei centri fitness, delle piscine, delle palestre sportive. Sono stati chiusi per mesi e mesi, ristorati in minima parte e oggi sono rimasti soli, con clienti in calo e costi di gestione in crescita. Chi può lavora in perdita. Molti chiudono Si perdono molti posti di lavoro, la filiera dei fornitori è a rischio insolvenza. Ma soprattutto c’è una popolazione che tende a rinunciare alla pratica sportiva. Ricordiamo che un euro investito in sport fa risparmiare almeno 5 euro di cure sanitarie. Secondo alcuni studiosi, sono oltre 20 le malattie che si possono curare sostituendo i farmaci con la pratica sportiva”.
“Sono preoccupata –conclude Sbrollini- perché non stiamo pensando attentamente al futuro. Nel nostro Paese l’attività sportiva non è adeguatamente considerata. Nel frattempo il 50% degli adolescenti non fa attività fisica in Italia, il 40% di chi lo faceva, con l’avvento della pandemia non la fa più. Questa situazione si trasformerà negli anni in un problema di salute. Le linee guida scientifiche di tutto il mondo parlano dell’attività fisica come di un farmaco. Dobbiamo investire seriamente sull’attività fisica”. Chiude la senatrice: “deve essere un lavoro di tutte le istituzioni che si occupano di salute. Stato e Regioni devono operare per il rilancio dell’attività fisica a partire dai centri fitness, gli impianti sportivi e dalle piscine. I soldi ci sono, anche con il Pnrr, ma dobbiamo guardare a investimenti strutturali e non solo una tantum. Bisogna sostenere questo settore imprenditoriale come gli altri in difficoltà, e legarlo all’aspetto della prevenzione, del benessere e della scuola, con un occhio attento al Pil e all’occupazione”.