Sull’agroalimentare veneto l’ombra delle cosche mafiose
La criminalità organizzata minaccia il settore agroalimentare del Veneto, fiore all’occhiello dell’economia nazionale ed internazionale. Per trattare il fenomeno si è svolto un tavolo di lavoro promosso da Coldiretti, Unioncamere con la Regione del Veneto. Il segretario generale Roberto Crosta di Unioncamere e il direttore di Coldiretti Veneto Marina Montedoro hanno sottolineato l’importanza strategica di una alleanza istituzionale per la diffusione di una cultura della legalità e della giustizia. Il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine diventa fondamentale per la salvaguardia del territorio, delle tradizione e dell’economia regionale.
L’ex Procuratore Giancarlo Caselli presidente del Comitato Tecnico Scientifico Osservatorio Agromafie ha usato parole forti contro ogni forma malavitosa invischiata nelle imprese:“La mafia è una macchina da soldi che proprio sull’agroalimentare che vale ¼ del Pil nazionale ha affondato le mani”. La mafia esiste da due secoli ma si è evoluta, è “silente”, “liquida” e “camaleontica”. Si insinua con la pressione, l’intimidazione, la corruzione. Le agromafie che pervadono il settore dell’agricoltura, dal campo allo scaffale fino alla tavola sono espressione di svariate attività di sciacallaggio: in alcune aree i mafiosi sono padroni dell’acqua, dominano nel trasporto, sono forti nella distribuzione, a volte fissano i prezzi unilateralmente, hanno sostituito il pizzo entrando direttamente in società e rilevando negozi, ristoranti e bar”.
“Il problema – ha affermato Caselli – è la mancanza di regole: la normativa attuale dell’agroalimentare non funziona, è un colabrodo non adatto a contrastare le agromafie in un mondo globalizzato”. Caselli ha quindi invocato una riforma esortando al cambiamento: “Le leggi vanno modificate, ci vuole un codice nuovo, nell’interesse della collettività”.
Andrea Zanoni, consigliere regionale del Partito Democratico e presidente a Palazzo Ferro Fini della commissione Legalità, interviene sull’argomento. “L’allarme sul rischio di infiltrazioni mafiose nelle imprese agricole del Veneto va preso con la massima serietà. Il fatto che ci siano titolari con precedenti specifici, addirittura alcuni col 416bis, non può non preoccupare. Su 7.500 nuove imprese nate durante la pandemia, ben 6000 avrebbero problemi a vario titolo con la giustizia: non sappiamo quante siano a ‘rischio mafia’ ma i numeri sono impressionanti. E ovviamente in un periodo di difficoltà economica, pensiamo al costo dell’energia, le organizzazioni criminali, che hanno liquidità disponibile, possono prosperare”.
“Il fatto che negli ultimi anni siano moltiplicati i casi di caporalato, è un’altra spia che dovrebbe invitarci a tenere alta la guardia”, sottolinea Zanoni che riprende anche una seconda preoccupazione espressa durante il tavolo di lavoro, “il boom del fotovoltaico a terra: “Che sia un fenomeno speculativo è evidente. Il pericolo è che, una volta acquisiti dalla criminalità organizzata, questi terreni possano diventare siti ‘perfetti’ per interrare e occultare rifiuti nocivi anziché smaltirli in una discarica controllata con costi molto più alti. I crimini ambientali connessi al ciclo dei rifiuti in Veneto – conclude il consigliere PD – sono un problema molto serio, come abbiamo constatato con le audizioni in Quarta commissione: a breve pubblicheremo la relazione di un lavoro durato mesi; siamo convinti possa essere uno strumento realmente utile per il contrasto alle ecomafie”.