Crisi Russia-Ucraina: Mosca ritira alcune truppe, ma la Nato solleva dubbi
Qualcosa si muove al confine tra Russia ed Ucraina e sarebbero le truppe di Mosca che, terminate le annunciare esercitazioni starebbero stanno rientrando nelle rispettive basi e arriva la reazione di Kiev: “Insieme ai nostri partner” dell’Occidente, “siamo riusciti a impedire ogni nuova escalation da parte della Russia”, ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Kuleba.
Ma il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg solleva alcuni dubbi: “Non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell’Ucraina”. “Per considerare dalla parte russa una seria de-escalation della situazione, la Nato vuole vedere il ritiro dei mezzi pesanti e dell’equipaggiamento militare nelle zone limitrofe all’Ucraina e non solo quello degli uomini”. In conferenza stampa il segretario della Nato ha sottolineato che “il processo di accumulo della forze russe va avanti, con alti e bassi, dalla scorsa primavera”. In pratica i russi lasciano le infrastrutture militari nelle aree designate, e poi “riportano rapidamente gli uomini in posizione” quando ritenuto necessario.
Intanto si apre un altro fronte di frizione. I deputati della Duma, il ramo basso del Parlamento russo, hanno infatti approvato un appello al presidente Vladimir Putin affinché Mosca riconosca le autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel sud-est dell’Ucraina. Una questione controversa che va avanti da anni, con la Russia accusata da tempo di sostenere i separatisti nel conflitto del Donbass.
La replica di Stoltenberg. Secondo il segretario generale della Nato, il riconoscimento da parte della Russia delle autoproclamate repubbliche separatiste nell’Ucraina orientale equivarrebbe a una “violazione del diritto internazionale”. Il riconoscimento di Donetsk e Lugansk, ha aggiunto Stoltenberg, costituirebbe anche una violazione dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina, e degli accordi di Minsk.
Sempre secondo Stoltenberg, la Russia e la Cina operano sempre di più insieme, sia dal punto di vista militare che diplomatico. “Sono due regimi autoritari che non condividono il nostro sistema di valori, vogliono un mondo dove i grandi Paesi decidono il destino di quelli più piccoli, senza riconoscere le loro scelte sovrane: lo hanno detto chiaramente nella loro nota comune”.
Per il britannico Boris Johnson: una novità positiva le “aperture diplomatiche”. Tuttavia il premier britannico resta estremamente prudente rispetto alla situazione militare sul terreno e parla di “segnali misti” non tutti incoraggianti da parte dell’intelligence occidentale.
Oggi parte anche la missione diplomatica italiana, con la visita del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Kiev e poi a Mosca. Con questa missione, l’Italia dimostra il suo impegno per la pace e il dialogo”, dichiarano i componenti cinquestelle della Commissione Esteri di Palazzo Madama: il presidente Vito Petrocelli, il capogruppo Gianluca Ferrara, le senatrici Paola Taverna e Simona Nocerino e il senatore Alberto Airola.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ringrazia l’Italia. “Con il premier Mario Draghi abbiamo discusso delle sfide della sicurezza che affrontano oggi l’Ucraina e l’Europa. Abbiamo avuto uno scambio di opinioni sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace. Apprezzo il sostegno dell’Italia all’Ucraina”, ha scritto in un tweet il presidente dell’Ucraina.