La “mano” di un prete dietro al commando che sparò al vescovo vicentino in Sud Sudan
Proprio alla vigilia della partenza del padre missionario comboniano Christian Carlassare da Piovene Rocchette verso l’Africa centrorientale e precisamente nelle regione di Rumbek nel Sud Sudan, in vista della consacrazione riprogrammata per venerdì 25 marzo, giunge da un quotidiano locale la notizia – da confermare – clamorosa. Sarebbe stato proprio un prelato del posto a ordinare l’agguato nei confronti dell’oggi 44enne vicentino, a pochi giorni dall’arrivo in quelle terre dalla capitale Juba per insediarsi dopo la nomina a futuro vescovo.
I 5 colpi di pistola, sparati alle gambe da una spedizione armata assoldata per spaventare – ma poteva ucciderlo – il più giovane vescovo italiano nel mondo, valevano insomma come “avvertimento”. Secondo le indiscrezioni riportate ieri dal Corriere del Veneto e altre testate del Venero dopo l’uscita di un articolo sul giornale sudsudanese The City Review, nel corso del processo sarebbero emerse le confessioni di due membri della banda armata che fece irruzione nella dimora del missionario nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2021. Meno di un mese dopo, a Rumbek (il 23/5), era prevista la cerimonia di investitura a patriarca della fede cristiana. In quel giorno, invece, il missionario italiano si trovava ricoverato a Nairobi, in Kenya, tra un intervento chirurgico e l’altro per curare le ferite da sparo agli arti inferiori.
Quella che si sta configurando come la posizione di un vero e proprio mandante dell’assalto su commissione è legata a un coordinatore amministrativo della stessa diocesi che Mons. Carlassare si appresta a guidare dopo l’imminente ordinazione. E, soprattutto, la piena guarigione. Si viene a conoscenza anche del nome dell’imputato, John Mathiang Machol, personalità ecclesiastica molto conosciuta nell’ambito missionario, operante da anni nella stessa zona dell’Africa martoriata da decenni di conflitti e di fatto una sorta di “reggente” pro tempore. Il procedimento giudiziario è tutt’ora in corso, in attesa della sentenza che confermerà o meno eventuali responsabilità da parte del sacerdote africano, qui intervistato in Italia nel 2015.
Da ricordare che qui un vescovo inviato dal Vaticano mancava dal 2011, dopo la morte di Monsignor Cesare Mazzolari. In questa regione i cattolici che fanno riferimento alla Diocesi di Rumbek sono circa 200 mila, su una popolazione poco meno di due milioni di abitanti.