Badanti, parte da Schio la caccia a un “giro sporco” da 39 milioni. Cooperative sotto indagini
Tutta l’indagine sarebbe scaturita da un esposto presentato a Schio da una badante, andando a “travolgere” con effetto tsunami un intero sistema illecito che interessa l’intero territorio nazionale e ben 19 società cooperative e agenzie di lavoro che si occupano di assistenza domiciliare a persone anziane e con disabilità. Per le Fiamme Gialle il “giro” di evasione fiscale sfiorerebbe i 40 milioni di euro. Sequestrati per cautelare l’erario 36 immobili e 2 imbarcazioni di lusso, oltre ad auto, orologi di pregio e conti bancari.
Nel registro degli indagati sono invece finiti 20 nominativi, spari in tutta Italia. Secondo un comunicato emesso dalla Guardia di Finanza sull’operazione in corso l’approfondimento era stato innescato da una donna straniera, che lavora in un paese dell’Altovicentino come badante, che lamentava di essere stata costretta a versare del denaro della proprie tasche sia all’atto dell’assunzione che dopo aver percepito il primo stipendio.
La lavoratrice si era iscritta a un’agenzia veneta specializzata in gestione di figure in ambito socioassistenziale di questo topo, con sede principale a Padova. Gli accertamenti successivi dei militari, poi, hanno fatto subito emergere che non si trattava di un caso isolato, ma di una condotta tanto sistematica quanto illecita che va a configurare una serie di reati gravi di natura fiscale, tra cui una vera e proprio frode allo Stato e quindi alla casse pubbliche hanno permesso di far luce su una vasta frode che si celava dietro l’operatività dell’agenzia padovana.
Le indagini sono proseguite “a strati”, andando a scovare altre dinamiche al di fuori delle normative vigenti sul lavoro. In particolare dalla documentazione sequestrata sono state individuati delle società cooperative con sedi legali a Roma e Milano, intestate a dei prestanome e di fatto inesistenti, che solo sulla carta fornivano personale alle famiglie bisognose: si parla di decine di persone anche a Vicenza e provincia, con ogni probabilità del tutto ignare del sistema a delinquere organizzato sopra le loro teste.
Competente per l’indagine è la Procura di Roma, che dopo aver visionato i fascicoli prodotti dai finanzieri ha ordinato il sequestro preventivo per equivalente di beni per un ammontare di 39 milioni di euro, in più regioni, Veneto compreso. In caso di condanna degli indagati, si procederà alla confisca. Oltre alla figura professionale del badante, questi canali gestivano altri servizi personali come infermieri, braccianti stagionali, operai edili e altro ancora, per un totale di circa 3 mila posizioni lavorative.
Restringendo il campo sul solo territorio veneto spicca un numero imponente di badanti associate alla principale società cooperativa con più sedi a Vicenza, Camposampiero, Dolo e Padova, che in pochi anni ha inquadrato oltre 1.400 badanti realizzando un volume d’affari di oltre 5 milioni di euro. Anche qui, come in altre fattispecie analoghe emerse in altre regioni italiane, non veniva mai eseguito alcun versamento d’imposta collegato alle posizioni lavorative individuali, instaurando un sistema illecito che permetteva di abbattere i costi del lavoro e quindi di turbare il mercato di settore.
Tre le figure cardine della struttura illecita individuate nel corso delle indagini delle Fiamme Gialle: un commercialista di Ascoli, un ragioniere di Roma con dei precedenti acclarati per frode fiscale, e un imprenditore che teneva le fila delle cooperative avvalendosi di più “teste di legno”, in altre parole soggetti prestanome. I 20 indagati dovranno rispondere dei reati di dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omesso versamento I.V.A. e indebita compensazione