L’inferno di Zlatan, capace di uccidere due donne e lasciare quattro figli senza madri
Ha ucciso due donne sparando da una pistola semiautomatica che non poteva in alcun modo detenere legalmente visti i suoi trascorsi violenze e maltrattamenti per cui era già stato condannato. Ha lasciato quattro figli senza le loro rispettive madri. E, solo dopo il doppio omicidio perpetrato in due diversi momenti ravvicinati tra loro, ha rivolto verso di sé la stessa arma, puntandola alla bocca, suicidandosi. Tenendo per ore impegnate le forze pubbliche di Vicenza e provincia, consapevoli dalle 9 e mezza di ieri mattina di dover bloccare al più presto un soggetto pericoloso e armato, perfino di bomba a mano di derivazione bellica come si scoprirà poi.
Questo è stato il delirio sanguinoso di Zlatan Vasiljevic, cittadino bosniaco di 42 anni e da oltre venti residente in Italia, che ieri a Vicenza ha ucciso Lidja Miljkovic, serba e madre di due adolescenti di 14 e 16 anni, sua coetanea ed ex moglie, e una donna venezuelana con la quale nei mesi scorsi aveva intrattenuto una relazione: Jenny Gabriela Serrano, 36enne che viveva a Sarmeola nel Padovano. Anche lei madre di due figli.
Una vicenda terribile quella che ha visto la città di Vicenza come scenario di sangue, prima nel quartiere collinare della Gogna, dove alle 9.15 è stata freddata a colpi di pistola Ljdia, che dalla sua casa di Schio si stava dirigendo verso una villetta dove prestava aiuto come collaboratrice domestica, dopo aver accompagnato all’ultimo giorno di scuola la figlia più piccola; e poi sulla tangenziale Ovest, dove in una piazzola di sosta sono stati rivenuti due cadaveri in una Mazda solo alle 15.45 di mercoledì. Al termine di oltre sei ore di estenuanti ricerche che hanno richiesto posti di blocco sulle strade e sorvoli di ricognizione. Anche se poi è stato il “caso” a consentire di rintracciare l’omicida in fuga, con un macabro colpo di scena legato al ritrovamento della seconda donna, anche lei barbaramente uccisa.
Un omicidio-suicidio, già consumato probabilmente nei minuti successivi al femminicidio, anche se non si può escludere che la 36enne venezuelana fosse già morta – uccisa da un unico colpo ravvicinato alla nuca – sul sedile posteriore quando Zlatan Vasiljevic ha teso l’agguato all’ex moglie, alla quale non poteva avvicinarsi sin dal 2019 per ordine di un giudice. Lidja Milikovic, invece, è stata freddata da una raffica di colpi mentre scendeva dalla sua auto in via Vigolo, in mezzo alla strada. Poi il duplice assassino si è dato alla fuga, con il sospetto che abbia lanciato delle granate o bombe a mano lungo il percorso, l’ultima a fianco della piazzola in tangenziale. Il ritrovamento di spolette, di una seconda pistola e altri ordigni sotto esame confermerebbero la follia premeditata dell’uomo, o almeno di quel che rimaneva di lui. Dalla Procura berica confermata anche la notizia di tracce di incendio sui sedili: è probabile che l’uomo volesse dare alle fiamme l’auto dall’interno dopo aver completato il suo piano folle, appiccando il fuoco prima di rivolgere la pistola su di sè. Confermata la presenza di valigie nel bagagliaio: l’assassino aveva un piano di fuga o aveva convinto Serrano con l’inganno a salire con lui per una vacanza? E’ una delle domande per ora senza risposta.
Il traffico Vicenza è stata paralizzata per ore da ieri pomeriggio fino alla prima serata, con il tratto di tangenziale sbarrato dalle forze dell’ordine per timore di esplosioni. Una cautela necessaria, fino all’arrivo degli artificieri e all’utilizzo di un robottino comandato a distanza prima di dare il via libera alla rimozione dei cadaveri trovati all’interno dell’auto, un’utilitaria intestata all’ex compagno di Jenny Gabriela Serrano, all’estero in vacanza e che parrebbe estraneo ai fatti. Nel corso delle concitate ore vissute ieri fino al ritrovamento di Vasiljevic, i familiari della prima – teorica – donna uccisa erano stati prelevati e portati in Questura a Vicenza, messi al sicuro.
Il bosniaco, infatti, era stato solo pochi mesi prima condannato in via definitiva a un anno e mezzo per maltrattamenti e lesioni ai danni della vittima e anche di minacce nei confronti dei familiari di quest’ultima, oggi distrutti dal dolore. Nonostante la pericolosità conclamata, il 42enne rimaneva libero. Nel 2019 avesse costretto al ricovero prolungato in ospedale la moglie in via di separazione al termine di 14 anni di convivenza – ad Altavilla, dove lui era rimasto a vivere mentre Lidja si era rifugiata a Schio in casa dei suoi genitori – e la venuta al mondo dei due figli, dopo averla percossa alla testa. Già allora aveva “rischiato” di ucciderla, e in più occasioni aveva minacciato di farlo, come testimoniano le carte di tribunale. Era stato assicurato al carcere per un breve periodo, poi concessi gli arresti domiciliari, infine le misure attenuate come il divieto di avvicinamento, andato a decadere nel marzo 2021.
Abusava di alcol, come emerge dalla sentenza, e non lavorava ormai da tempo dopo aver perso l’impiego di autotrasportatore, ma aveva comunque trovato il modo di armarsi di bombe a mano, delle M52 di fabbricazione slava come reso noto ieri sera, e di due pistole dotate di munizioni. Come spiegato nella nota del procuratore Lino Giordano Bruno, sono tanti ancora i punti oscuri su cui le indagini in corso puntano a far luce. A partire dal ruolo da chiarire della Serrano, per capire intanto se era ancora in vita ieri mattina al momento degli spari alla Gogna o meno, per puntare poi al difficile compito di risalire a chi abbia armato il killer, contribuendo alla strage. Da comprendere il motivo – forse un maldestro tentativo di suicidio prima di optare per l’auto-esecuzione – per cui l’uomo ha lanciato un ordigno nel fossato a fianco della piazzola di sosta dove già nella mattinata aveva deciso di fermarsi, le cui schegge hanno colpito un’auto di passaggio. Proprio grazie alla seguente segnalazione del carrozziere al quale il proprietario aveva poche ore dopo affidato il veicolo, infatti, si è riusciti a rintracciare la Mazda in tangenziale e chiudere le ricerche.