Italiani ‘venduti’ a criminali messicani: 4 agenti in manette
Il procuratore generale Raul Sànchez Jimenez ha rivelato durante una conferenza stampa che i quattro agenti della polizia locale hanno confessato e ora rischiano una condanna tra 40 e 60 anni di carcere.
Le autorità messicane hanno assicurato che continuano le ricerche dei tre italiani, ma al momento non si può affermare con certezza che siano finiti nelle mani del ‘Cartel Jalisco Nueva Generacion’, una delle organizzazioni criminali più potenti del Messico. È stata invece confermata la prima ricostruzione dei fatti secondo la quale Russo, il figlio e il nipote sono stati fermati da poliziotti in una stazione di servizio a Tecalitlàn. Da lì i criminali cui sono stati “ceduti” li avrebbero portati verso l’autostrada in direzione di Jilsotlàn. Gli inquirenti non escludono il coinvolgimento di altri agenti, mentre non c’è ancora nessuna traccia del capo della polizia di Tecalitlàn, Hugo Enrique Martinez Muniz, sospettato di aver avuto un ruolo nella vicenda.
Secondo fonti dell’Ufficio del procuratore di Jalisco, Raffaele Russo si sarebbe registrato con il falso nome di Carlos Lopez in alcuni hotel. Il 60enne si dedicava alla vendita di generatori elettrici apparentemente tedeschi ma che in realtà erano stati fabbricati in Cina. Secondo il quotidiano Publimetro, che cita fonti vicine alle indagini, alla fine del 2017, Russo era impegnato in affari nello stato di Michoacan e cinque giorni prima della sua scomparsa si era riunito con il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino in un hotel di Ciudad Guzman. Questi ultimi due sarebbero arrivati in Messico insieme ad altri sei italiani. Russo, sempre secondo quanto scrive il quotidiano, era stato arrestato nel 2015 per frode e corruzione nello stato messicano di Campeche.