Gas alle stelle, Arturo Lorenzoni: “Le risposte al prezzo folle ci sono, ma vanno adottate subito
La situazione sul fronte dei rincari è sempre più pesante, a farne le spese sono sia le famiglie che le imprese, oggi accomunate da grandi difficoltà. Secondo gli esperti potrebbe andare addirittura peggio con l’arrivo dell’autunno e il bisogno di riscaldare gli immobili. Il gas si è impennato arrivando a costare 15 in più il prezzo pagato lo scorso anno, passando dai 20 euro a megawattora del 2021 ai 330 euro di oggi. Sul tema interviene un esperto di economia, il Professor Arturo Lorenzoni, docente di Economia dell’Energia all’Università di Padova.
“Il prezzo del gas –commenta Lorenzoni– questa settimana ha raggiunto valori che sarebbe stato impossibile immaginare solo qualche mese fa, allo scoppio della guerra in Ucraina. Un conflitto che coinvolge tutti noi, come stiamo sperimentando. Il prezzo del gas è l’arma più potente, dopo le testate nucleari che ci auguriamo non utilizzi mai, nelle mani di Putin per forzare l’Europa a sottomettersi al suo imperialismo. 330 al megawattora per il gas contro i 20 euro al megawattora dell’inizio del 2021 sono un valore in grado di scardinare l’economia italiana, che dipende dal gas anche per la produzione di energia elettrica. Ma anche quella tedesca, inglese e spagnola, che sul gas hanno deciso di contare. È evidente che non si può chiedere alle imprese, ai cittadini e alle amministrazioni locali di farsi carico di costi decuplicati per elettricità e gas, per un periodo peraltro che potrebbe essere lungo anni“.
Gli effetti del conflitto tra Ucraina e Russia sono, dunque, la causa principale dell’aumento del gas. Sul fronte delle strategie da attuare c’è ancora poca chiarezza, trovare soluzioni a breve termine non è facile, ma la soluzione ai problemi c’è ma bisogna intervenire senza indugi. Il Prof. Arturo Lorenzoni scrive una lettera aperta (che riportiamo integralmente di seguito) dove illustra gli interventi immediati da svolgere.
“Risposte immediate sono difficili da trovare e passano 1) per l’assunzione dell’onere da parte dello Stato con il tetto ai prezzi al consumo (ma per quanto tempo può assumersi un onere di varie decine di miliardi uno Stato indebitato come l’Italia?); 2) per la riforma del disegno di mercato dell’elettricità e del gas, in discussione in Europa. Riforme nazionali sono molto difficili in un mercato integrato come quello europeo, come abbiamo visto con il tetto ai prezzi spagnoli del gas: molti grandi consumatori francesi hanno iniziato a comprare in Spagna, beneficiando del tetto pagato dal governo spagnolo, ma rendendo la misura insostenibile; 3) per un piano di contenimento dei consumi non indispensabili, allo studio da parte del Governo Draghi, che ha portata limitata, considerato che l’Italia non è mai stata un Paese ad alta intensità energetica”.
Allora la soluzione non può che essere la sostituzione più rapida possibile dei consumi di gas in tutti i settori dove sia possibile: 1) la generazione di energia elettrica e 2) gli usi civili, tenendo le forniture per gli usi industriali dove è più complesso sostituire i cicli produttivi.
1) Per la generazione elettrica il Piano Integrato per l’Energia e il Clima, nella sua forma aggiornata a valle del programma Europeo RepowerEU prevede di decuplicare gli investimenti fatti nel 2021: da 0,7 GW a 7 GW installati all’anno per arrivare al 70% di rinnovabili al 2030. Nel primo semestre 2022 sono stati installati 1,2 GW, meglio del 2021, ma lontano dal programma virtuoso che ci siamo dati. Ci sono diversi GW di progetti eolici fermi per il conflitto tra ministeri (MITE, con parere favorevole, contro MIC, con parere contrario). Basta un pronunciamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri: che aspettano? Possiamo fare un piano straordinario di investimento nel fotovoltaico, attivando delle stazioni appaltanti che semplifichino l’iter autorizzativo per la pubblica amministrazione e nell’arco di mesi consentano l’avvio dei cantieri. E così pure si possono stimolare i privati a realizzare gli impianti, offrendo loro contratti di lungo termine a prezzo fissato con il GSE, in modo da togliere ogni rischio. Senza incentivi, con risparmi colossali per il sistema.
E non si parli di nucleare (che significa poi “pulito”? siamo ancora all’EPR che ha massacrato AREVA a Flamanville e Olkiluoto, con costi e tempi di costruzione triplicati), che è interessante a livello di ricerca, ma non può dare risposte concrete prima di dieci anni in Italia, nella migliore delle ipotesi, e con costi decisamente maggiori rispetto alle fonti rinnovabili. E la stabilità della rete la si può ottenere con gli accumuli idraulici ed elettrochimici e con i carichi intelligenti (le pompe di calore negli edifici).
Non ultimo, un piano di investimento per decuplicare le installazioni di impianti a fonti rinnovabili ha delle ricadute sull’economia locale portentose, perché basato su manodopera e capitali locali.
2) Per la sostituzione del gas negli usi civili, due sono le strade maestre, la coibentazione degli edifici, che può ridurre fino all’80% i consumi degli edifici meno prestanti, e la sostituzione delle caldaie con le pompe di calore, più efficienti ed alimentate con energia elettrica, 100% rinnovabile se prodotta da impianto fotovoltaico integrato nell’edificio. Uno studio recente a cura della società Elemens di Milano stima in 5,5 miliardi di metri cubi di metano il risparmio conseguibile al 2025 e 12 miliardi al 2030 con un programma mirato su questi due interventi (rispetto a importazioni dalla Russia di 29 miliardi di mc nel 2021). Questo, si badi bene, a costi negativi per i consumatori perché l’energia risparmiata viene a costare meno di quella acquistata.
Con questo spirito ho proposto in sede di discussione del bilancio della regione Veneto, a dicembre 2021, un emendamento che utilizzasse il debito richiesto per la costruzione della pista da bob a Cortina, 80 milioni di euro poi finanziati dal Governo, per realizzare impianti fotovoltaici nei parcheggi degli ospedali della Regione. Sono spesso aree di grandi dimensioni, dove l’impianto non impatta minimamente e consente di dare energia elettrica alle strutture sanitarie a prezzi conosciuti e fissati per almeno 20 anni. Con 80 milioni si possono realizzare 80 MW che danno circa 100 GWh, che ai prezzi attuali valgono circa 60 milioni di euro all’anno. Qualche dubbio sulla convenienza? Ed è sufficiente redigere un bando che dia in concessione l’area in cambio della cessione dell’energia alla struttura ospedaliera, con gara sul prezzo di cessione. Facile, veloce, terribilmente conveniente.
Avessero accettato l’emendamento ora saremmo prossimi alla realizzazione, con una prospettiva di respiro per gran parte dei poli ospedalieri regionali oberati da bollette astronomiche. Riproporrò il mio emendamento, speriamo i tempi siano maturi, considerato che nell’arco di un anno i prezzi dell’energia elettrica sono decuplicati.
Arturo Lorenzoni, Prof. di Economia dell’Energia all’Università di Padova, Portavoce dell’opposizione in Consiglio regionale