Nuova unità mobile per l’Ulss 8 Berica, servirà per la decontaminazione da radiazioni e sostanze tossiche
Una nuova unità mobile che permette, grazie alle maggiori dimensioni, di trattare più pazienti contemporaneamente. Rispetto a quella già in uso, la nuova unità di decontaminazione può accogliere fino a 20 soggetti all’ora. La struttura è composta da tre tende che, una volta montate, diventano un unico percorso lungo 7 metri, largo 2 e alto circa 2,5. La struttura comprende inoltre un sistema di riscaldamento per l’acqua e canalizzazioni per soffiare aria calda all’interno, così da garantire comunque un certo confort per i pazienti.
Aumenta, così, la capacità di intervento della centrale del Suem 118 di Vicenza, in grado di operare in massima sicurezza in situazioni di grave contaminazione per effetto di radiazioni, sostanze chimiche o biologiche. Si è svolto questa mattina un incontro di formazione per gli operatori di soccorso, con tanto di dimostrazione di fronte dalla Direzione dell’Ulss 8 Berica che ne certifica l’ufficiale entrata in servizio del nuovo modulo. L’unità di decontaminazione potrà dunque operare in situazioni critiche come ad esempio un incendio in un impianto chimico, oppure in un grave incidente stradale che veda coinvolto un mezzo che trasporta materiale radioattivo per uso ospedaliero o ancora peggio nel caso estremo in cui si verifichi un attentato.
Proprio il Direttore Generale dell’Azienda socio-sanitaria, la dott.ssa Maria Giuseppina Bonavina, sottolinea l’importanza di questa nuova dotazione: «Si rafforza ulteriormente la nostra capacità di affrontare anche le situazioni di grave emergenza. Nel caso specifico la nuova Unità di Decontaminazione ci consentirà di assistere in modo più tempestivo ed efficace i pazienti oggetto di contaminazione, proteggendo allo stesso tempo il personale sanitario e le strutture ospedaliere, inclusi i nostri mezzi di soccorso che in questo modo
potranno trasportare i feriti rimanendo “puliti”. Il tutto naturalmente lavorando in sinergia con le altre strutture che partecipano attivamente e quotidianamente a fronteggiare queste tipologie di rischi».
Una dotazione che segna un netto salto di qualità rispetto a quella precedentemente in uso, come spiega il dott. Federico Politi, Direttore della Centrale Suem 118 di Vicenza: «Rispetto all’unità di decontaminazione di cui disponevamo in precedenza, questa è nettamente più grande, consentendo così di trattare un numero molto maggiore di pazienti, fino a 20 in un’ora, e questo è un aspetto molto importante perché in caso di contaminazione la tempestività dell’assistenza è un fattore decisivo. Inoltre migliora la rapidità di intervento, grazie al trasporto di tutto il materiale su un mezzo a passo lungo, con una cabina in grado tra l’altro di ospitare un team di 6 operatori».
Il percorso all’interno dell’unità prevede un primo spazio dove il paziente viene spogliato completamente, quindi viene accompagnato da un operatore con tuta protettiva di terza categoria lungo il percorso di decontaminazione vero e proprio, che si compone di una serie di getti d’acqua opportunamente direzionati da personale specificamente formato per questa procedura. Sempre il personale procede al lavaggio meticoloso dei pazienti non deambulanti, con una particolare attenzione per le zone più riparate dall’acqua (es. tra le dita piuttosto che sotto le braccia). Infine il paziente può rivestirsi con gli abiti forniti dai soccorritori, o viene rivestito.
Inoltre l’acqua impiegata può essere attinta sia dall’acquedotto, sia da una grande cisterna da 2.000 litri che può essere riempita dai vigili del fuoco nel caso in cui la tenda sia montata in luoghi isolati. Un secondo bacino da 2.000 litri raccoglie invece l’acqua utilizzata, così da smaltirla in modo sicuro evitando contaminazioni ambientali. Il tutto con il supporto di un generatore da 8 kWh nel caso in cui in prossimità non sia possibile l’allacciamento alla rete elettrica.
«Già il solo fatto di spogliare completamente il paziente permette di ridurre il suo grado di contaminazione tra il 40 e il 70% – spiega ancora il dott. Politi -. Questo soprattutto perché i vestiti trattengono le sostanze nocive, con l’aggravante che se queste evaporano vengono poi ulteriormente inalate dal soggetto. Questa procedura ci consente di intervenire con la massima efficacia e sicurezza in situazioni molto divere: pensiamo ad esempio ad un incendio in un impianto chimico, piuttosto che un grave incidente stradale che
veda coinvolto un mezzo che trasporta materiale radioattivo per uso ospedaliero, senza dimenticare naturalmente la possibilità di un attentato. Siamo in grado di gestire sia contaminazioni da radiazioni, sia da sostanze chimiche, sia ancora contaminazioni biologiche come può essere ad esempio quella da antrace. Per fare tutto questo però l’Unità di Decontaminazione da sola non basta, occorre anche personale specializzato e opportunamente addestrato: per questo motivo abbiamo organizzato l’evento di formazione di oggi».