Lanci di sedie al Garbin. Maino: “La maggioranza degli studenti aiuti a isolare i bulli”
Volano sedie all’Ipsia Garbin di Thiene, ma stanno per volare, molto probabilmente, anche sonore sospensioni. Fa discutere infatti il video di pochi secondi postato da un ragazzo su Instagram (e diventato in breve tempo virale), che riprende un compagno intento – nel baccano generale – a far letteralmente volare da una parte all’altra dell’aula una sedia durante, probabilmente, la ricreazione o il cambio dell’ora.
Oltre al lancio delle sedie, segno di una totale mancanza di rispetto per le strutture scolastiche di cui usufruiscono ogni giorno (e pagate con i soldi di tutti i cittadini, compresi i loro genitori) i ragazzi passeggiano beatamente sopra i banchi in una mancanza totale di disciplina e rispetto dei regolamenti della scuola. Senza contare che qualcuno ha rischiato di farsi male, colpito da quell’ “oggetto volante”. L’episodio è già stato segnalato, insieme ad altri, alla polizia locale.
A parlare di emergenza educativa è la stessa dirigente, Marina Maino, che, saputo il fatto dai media, ha già individuato classe (una terza) e il responsabile del gesto e ha già convocato per lunedì pomeriggio un consiglio di classe straordinario. “Credo valga la pena di ricordare, anzitutto, – afferma – che un adulto che viene a conoscenza di simili fatti fa bene ad avvertire la scuola prima ancora che i media. Il problema è reale e ovviamente l’emergenza educativa non riguarda solo il Garbin. Il momento in cui un professore esce dalla classe è quello un cui i ragazzi si scatenano: qualcuno si controlla, qualcuno no. I ragazzi devono capire che ad ogni azione corrisponde una conseguenza, che può anche essere pesante se ci sono gli estremi: possono anche essere denunciati. Spesso purtroppo sono completamente inconsapevoli di quello che fanno”.
Professoressa Maino, quanto sono diffusi questi comportamenti?
“I ragazzi davvero problematici siano pochi, anche se quest’anno in due prime con un alto numero di maschi le difficoltà educative sono particolarmente evidenti, con alcuni studenti che faticano a riconoscere l’autorità”.
Gli studenti più tranquilli possano essere intimoriti e indotti a non denunciare i comportamenti scorretti dei compagni…
“L’omertà non deve esserci. Ci sono modalità di confrontarsi con gli insegnanti in modo protetto e nei plessi ci sono anche delle cassette dove depositare segnalazioni e suggerimenti. Anche chi subisce passivamente i comportamenti dei compagni va educato a diventare più responsabile, a non aver timore, a sviluppare la propria consapevolezza. Perché se i bulli vengono individuati, visto che si tratta di una minoranza, possono essere isolati. Il silenzio invece favorisce certi atteggiamenti. E va sottolineato che non ci sono mai state ritorsioni verso chi denuncia. Inoltre, pensiamoci bene: un ragazzo che tace e si tiene dentro un disagio sta comunque male, tanto vale parlare e liberarsi”.
E’ vero che a volte i ragazzi arrivano già a scuola alla mattina euforici?
“Si, qualcuno arriva a scuola e ha reazioni strane, non riesce a gestire le sue reazioni. E’ incontrollabile e iperattivo. Il nostro compito è tenerli comunque a scuola, non possiamo non farli entrare. Solo se diventano un pericolo per sé e per gli altri chiamiamo i genitori, se li troviamo, perché vengano a prenderli”.
Il ruolo della scuola è sempre più impegnativo di fronte al bullismo e al disagio giovanile. Cosa servirebbe per affrontare meglio questa emergenza educativa?
“Servirebbero prima di tutto stabili adeguati, aule più ampie e, almeno in certi istituti, un numero minore di studenti per classe, in modo da poter fare un percorso il più personalizzato possibile”.