Cop27 di Sharm el-Sheikh: approvato il documento finale
La conferenza di Sharm el Sheikh è andata molto oltre la data di chiusura ufficiale che era prevista per venerdì scorso: si stava creando una frattura sulla creazione di un fondo finalizzato alla gestione dei danni causati dagli effetti del cambiamento climatico ma grazie alla fermezza dell’Europa la questione si è risolta.
La Cina e il G77 hanno approvato a indicare che i destinatari degli aiuti saranno i Paesi più vulnerabili e che sarà ampliata la platea dei donatori. Il documento salva inoltre l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, il risultato maggiore della Cop26 di Glasgow l’anno scorso. Per mantenere questo obiettivo è necessaria una riduzione delle emissioni del 43% al 2030 rispetto al 2019. Con gli impegni di decarbonizzazione attuali tuttavia il taglio di emissioni sarebbe solo dello 0,3% al 2030 rispetto al 2019 e infatti gli stati che non hanno ancora aggiornato i loro obiettivi di decarbonizzazione (Ndc) sono invitati a farlo entro il 2023.
Sull’adattamento al riscaldamento globale, il documento chiede di aumentare i fondi e di studiare la possibilità di un raddoppio: per arrivare a zero emissioni nette nel 2050 sia necessario investire fino al 2030 4.000 miliardi di dollari all’anno in rinnovabili e altri 4-6.000 miliardi di dollari in economia a basse emissioni.
Il documento chiede però soltanto la riduzione della produzione elettrica a carbone con emissioni non abbattute, non l’eliminazione e non dice nulla su riduzione o eliminazione dell’uso dei combustibili fossili, come avevano chiesto diversi paesi. La Cop27 riconosce, con seria preoccupazione, che non è stato ancora istituito il fondo da 100 miliardi all’anno dal 2020 previsto dall’Accordo di Parigi per aiutare i paesi meno sviluppati nelle politiche climatiche. Secondo le previsioni, non se ne parlerà fino al 2023.
Il documento prevede dunque per la prima volta un fondo per i ristori delle perdite e i danni del cambiamento climatico, denominato loss and damage, nei paesi più vulnerabili e un sistema di primo allarme per gli eventi meteorologici estremi in tutti i paesi del mondo. Ma per il presidente francese Emmanuel Macron, l’idea di un fondo unico è nel peggiore dei casi inappropriata, nel migliore dei casi ampiamente insufficiente. “Non appena abbiamo un problema, creiamo fondi. Qual è la governance, chi metterà i soldi?”.
Per Luca Bergamaschi, del think tank italiano sul clima la nuova bozza riafferma gli impegni di Glasgow, con l’aggiunta del riconoscimento delle rinnovabili. “È la prima volta che le fonti pulite entrano nel documento di una Cop, come l’anno scorso era entrato il carbone per la prima volta. In compenso, manca ancora qualsiasi impegno per la riduzione dei combustibili fossili“. Della stessa opinione l’ambientalista indiano Harjeet Singh: “Questa Cop porta un buon risultato sui loss and damage. Ma si sarebbe potuto fare molto di più sull’uscita dai combustibili fossili”.