Matteo Messina Denaro in carcere all’Aquila. Trovato il covo del boss
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è rinchiuso da ieri nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Lo confermano fonti investigative all’Adnkronos dopo le voci circolate nelle scorse ore. Era l’ipotesi più accreditata, non solo perché si tratta di una struttura di massima sicurezza, che ha già ospitato numerosi boss mafiosi (da Leoluca Bagarella a Totò Riina) ma anche perché nell’ospedale del capoluogo c’è un buon centro oncologico. L’ultimo dei Corleonesi ha trascorso la prima notte in carcere dopo il trasferimento da Palermo, dov’è stato arrestato ieri dopo una vita da superlatitante. Trent’anni trascorsi sottotraccia prima della cattura da parte dei carabinieri del Ros nella clinica privata La Maddalena.
E’ stato intanto individuato il covo di Messina Denaro: si trova a Campobello di Mazara, paese del trapanese dove risiedeva anche il suo autista Giovanni Luppino, catturato ieri con il boss di Cosa Nostra. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. La perquisizione è durata tutta la notte, dopo ore di ricerche. L’edificio è stato setacciato palmo a palmo. Al suo interno, per ora, sono stati rinvenuti oggetti di lusso, vestiti firmati e profumi ricercati ma non armi. I carabinieri stanno cercando il nascondiglio dell’archivio che, secondo molti pentiti, contiene la risposta a molti dei segreti della stagione delle stragi. Il padrino trapanese sarebbe stato il custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.
Intanto l’Associazione “Antimafia e Legalità” scrive in una nota che “l’arresto di Matteo Messina Denaro rappresenta un momento importante nel contrasto alla criminalità mafiosa”. Ma, che allo stesso tempo, “la lotta alla mafia non finisce qui”. In un’intervista al Corriere della Sera, Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci, afferma invece: “È una vittoria di tutta la società italiana. E’ Impressionante come tutti battessero le mani davanti a quella clinica, per strada, fra gli autobus. Immagini ben diverse da quando i parenti dei boss si accanivano e inveivano a Palermo contro funzionari e agenti di scorta”.