Spettacolando – Lucia Calamaro in scena all’Astra con Darwin inconsolabile, per anime in pena
In scena al Teatro Astra di Vicenza venerdì 3 marzo alle 21 la drammaturga, attrice e regista di fama internazionale Lucia Calamaro propone una storia nella quale riconoscere le nostre nevrosi, i nostri stili di vita frenetici e disumanizzanti, raccontata con ironia e grande empatia, sempre senza giudizio.
Il grande nome del teatro arriva nel luogo del contemporaneo con la sua ultima pièce che ha per protagonista una madre anziana, artista performativa, che si finge morta per ricevere un po’ di attenzione dai tre figli.
“Una madre che simboleggia il pianeta? Forse. Dei figli che simboleggiano noi? Può essere. Ma nessuno, di certo la bontà. Né la colpa. O il destino. Nessuno è vittima”. Darwin inconsolabile – un pezzo per anime in pena – scritto e diretto da Lucia Calamaro, una fra le più significative drammaturghe del teatro italiano, è lo spettacolo con Riccardo Goretti, Gioia Salvatori, Simona Senzacqua, Maria Grazia Sughisi
La coproduzione di Sardegna Teatro e CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, sostenuta da Spoleto Festival dei Due Mondi e del Teatro di Roma, porta sul palco la quotidianità di tre figli sempre occupati e di un’anziana madre che, per ritrovare la loro attenzione, decide di fingersi morta. L’autrice, con l’assistenza alla regia di Paola Atzeni, esplora con profondità ironica l’animo umano di fronte alle relazioni, agli affetti, al dolore, all’esperienza del lutto.
L’ottavo appuntamento di Terrestri, la rassegna curata dal Centro di Produzione Teatrale La Piccionaia per il Comune di Vicenza con il sostegno del Ministero della cultura e della Regione del Veneto e la collaborazione tecnica di Nardi Out Door, infatti, è una storia in cui riconoscere le nostre nevrosi, i nostri stili di vita frenetici e disumanizzanti, raccontata con ironia e grande empatia, sempre senza giudizio.
“Tutti sono creatura e natura – spiega Lucia Calamaro – e hanno le loro strategie di sopravvivenza predatorie come ce le ha un’ape, un radicchio, un riccio di mare, perché “Tutto è gente”. “Tutto è persona” “Tutto vuole vivere e niente sa più morire.” La protagonista, per ricevere un po’ di attenzione dai figli occupati, distratti, disamorati, aggressivi, assenti, “simula la morte come certi animali”, spiegano le note di regia. “Maria Grazia pratica la “tanatosi”, molto diffusa tra certe specie che per scampare all’aggressione del predatore, “fanno il morto.” Il suo potrebbe esser un monito, un richiamo, un avvertimento, una richiesta, o semplicemente una performance”. Le scene e le luci curate da Stefano Damasco, in questo lavoro in tournée nei principali teatri italiani e in cartellone nelle stagioni più importanti, accolgono “una figlia ostetrica, schiacciata dalla preoccupazione per le nuove generazioni, ambientalista imbranata: Simona. Un figlio maestro elementare, buonissimo, che ha per le mani il futuro e si imbatte in un fumoso testo inedito de “L’Origine della specie”, citato da Borges, in un’intervista a Bioy Casares: Riccardo. Una figlia in simbiosi con la madre, perfomer-artista plastica, che indaga il prospettivismo amazzonico e le teorie dell’interspecie, sentendosi più vicina al mondo vegetale che all’animale: Gioia”.
Paolo Tedeschi