Da Arsiero in Ucraina per combattere. La morte di Oleg. “Ci diceva: non temete, tornerò”
Gli echi della guerra in Ucraina arrivano fino al Vicentino portando ancora una volta notizie di morte e di dolore.
Ancora non si conosce l’esatta dinamica degli eventi, ma ieri un telefono ha squillato ad Arsiero per cercare la mamma di Oleg Dozydenko, 32enne partito per il fronte ad agosto, qualche mese dopo lo scoppio delle ostilità perpetrate dai russi ai danni di Kiev: “E’ lei la signora Tamara?” – le prime parole che già avevano raggelato il sangue nelle vene della donna che subito aveva capito tutto. Pochi istanti per raccontare un addio tanto temuto, la voce soffocata in un pianto che non troverà nemmeno il conforto di vedere per l’ultima volta almeno un corpo di un figlio che ormai non c’è più.
Oleg si era trasferito con tutta la famiglia da una ventina di anni in Italia: due fratelli minori e la madre dopo un lungo periodo nella provincia di Padova, si erano stabiliti ad Arsiero mentre lui aveva poi trovato lavoro come magazziniere in un’azienda a Castelguglielmo nel Polesine, dove aveva deciso di prendersi una stanza e aveva trovato anche l’amore.
“Tutto è cambiato quando l’ipotesi della guerra si è fatta concreta – racconta il fratello Viniamin – perchè Aleshka, come lo chiamavano affettuosamente, si è subito sentito in dovere di partire per aiutare l’Ucraina e la sua gente. Ci diceva sempre di non preoccuparsi per lui e che sarebbe senz’altro tornato, ma da vincitore”.
Non per la vittoria fine a sè stessa, ma per liberare la sua terra dall’ingiustizia e da quella furia cieca di un conflitto capace solo di orrori indicibili senza guardare in faccia a nessuno, bambini compresi: “Oleg voleva che promuovessimo una piccola raccolta fondi per aiutare la gente a Bakhmut, me ne aveva parlato anche di recente, aveva un cuore grande – spiega ancora il fratello raccontando dell’ultima telefonata a fine febbraio – sperava veramente in una soluzione di pace. Oggi invece sappiamo che non c’è più e non conosciamo nemmeno cosa sia successo di preciso, anche se questo non cambia il risultato”.
L’ennesima vittima dopo quasi 13 mesi dall’inizio della guerra: un’altra giovane vita spezzata, una vita che avrebbe potuto continuare qui in Italia lasciandosi alle spalle le sorti di un Paese però mai dimenticato. Quasi un istinto viscerale a cercare di dare il proprio contributo a qualunque costo, incapace di lasciare al proprio destino volti e luoghi della giovinezza pur consapevole del rischio concreto di non fare mai più ritorno.