Israele nel caos. Dopo scioperi e proteste Netanyahu annuncia il rinvio della riforma della giustizia
Israele nel caos. Dopo dodici sabati di proteste e scioperi con migliaia di manifestanti in piazza tra cui il capo della polizia di Tel Aviv, ambasciate all’estero chiuse, voli aerei sospesi e scuole ed università ferme, Netanyahu annuncia, che la contestata riforma della giustizia sarà rinviata. L’accordo dopo una giornata di intense trattative, sarebbe stato raggiunto con la promessa che il governo approverà nella sua prossima riunione la creazione di una “Guardia Nazionale” che agirà sotto il controllo del leader del partito di estrema destra Ben-Gvir. Subito dopo il discorso di Netanyahu, il capo del più grande sindacato del Paese, lo Histadrut, ha dichiarato che revocherà lo sciopero generale che minacciava di bloccare l’economia israeliana.
Il discorso di Netanyahu. Il premio ha affermato che la decisione è stata presa in “nome della responsabilità nazionale, facendo appello al dialogo”, ma ha ribadito che “la riforma va fatta”. Quindi ha attaccato “una minoranza di estremisti pronta a lacerare il Paese, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza”. “Israele – ha aggiunto Netanyahu – non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato”.
Perché la riforma è tanto contestata. Il primo timore riguarda il potere della Corte suprema di rivedere o respingere le leggi che verrebbe indebolito. In Parlamento, con la riforma, basterebbe una maggioranza semplice per annullare le decisioni della Corte. Altro punto dolente è quello che consentirebbe ai politici di nominare la maggior parte dei giudici, anche alla Corte Suprema, con un’inevitabile influenza del governo sulle nomine e di conseguenza, aumentando la sua rappresentanza nella stessa commissione che li nomina. Inoltre i ministri non sarebbero tenuti a seguire i pareri dei loro consulenti legali, guidati dal procuratore generale, come oggi avviene per legge. Infine coloro che criticano il piano ritengono che la riforma serva in realtà a fornire uno scudo a Netanyahu, attualmente sotto processo per corruzione (lui ha sempre negato le accuse), e aiutare l’esecutivo ad approvare leggi più facilmente.
Gli Usa plaudono al rinvio. Non a caso circa dieci giorni fa, nel corso di una telefonata con Netanyahu, il n.1 della Casa Bianca Joe Biden aveva espresso le sue preoccupazioni per le tensioni in Israele, definendolo uno “stato di ansia interna che non si vedeva da tempo”. Una confidenza giustificata da un’amicizia di oltre 40 anni. Nel 2014, a sancire quel legame, è rimasta storica una frase di Biden a Netanyahu: “Bibi, non c’è una dannata cosa in cui sono d’accordo con te, ma ti voglio bene”. Tuttavia negli ultimi anni, come succede anche per le migliori amicizie, qualcosa si è incrinato. Il leader israeliano passato dal centro all’estrema destra, non ha mandato giù la volontà del presidente americano di raggiungere a tutti i costi un accordo con l’Iran sul nucleare, e non ha gradito la decisione di confermare i consiglieri dell’amministrazione Obama che erano stati i più accaniti sostenitori dell’intesa. In ottica di rispolverare quella vecchia amicizia però Benjamin Netanyahu potrebbe presto ricevere un invito alla Casa Bianca dal presidente Biden. Lo ha lasciato intendere l’ambasciatore Usa in Israele Tom Nides intervistato dalla Radio Militare.