Arte e dintorni – Prorogata al 28 maggio la mostra “I creatori dell’Egitto eterno”
Grazie al grande successo di critica e pubblico, con 45.000 visitatori raggiunti in due mesi e mezzo di apertura, la mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” – in corso alla Basilica palladiana di Vicenza dal 22 dicembre 2022 e inizialmente programmata fino al 7 maggio 2023 – verrà prorogata fino a domenica 28 maggio 2023.
Sono inoltre stati decisi aperture straordinarie e un orario prolungato nel week end
A dicembre in Basilica palladiana si è inaugurata una mostra che idealmente è diventata sede staccata del Museo Egizio di Torino, arricchita da una ventina di prestiti dal Museo del Louvre.
L’esposizione, più incentrata sulla cultura materiale che sui facili sensazionalismi di cui spesso gli Egizi sono oggetto, vuole accompagnare il visitatore a scoprire la progettazione e la realizzazione dell’ultima dimora del Faraone, ultimo atto di molti per garantirsi la nuova vita dopo la morte.
Durante il Nuovo Regno (1539-1076 a.C. circa) la realizzazione della tomba monumentale (super accessoriata di ogni comfort, come diremo oggi) era affidata alle abili mani di operai specializzati che vivevano nel villaggio di Deir el-Medina nelle vicinanze di Tebe. Per centinaia di anni, intere dinastie di artigiani scavarono nella grande montagna a forma di piramide, posta sulla riva occidentale del Nilo, per creare migliaia di tombe reali.
La prima sezione accompagna il visitatore nella comprensione che sia la morte, sia il transito ultraterreno verso la tomba, la “casa eterna”, erano governati da rituali complessi che dovevano assicurare la nuova vita. Le imponenti statue di Ramesse II, della dea Meretseger, della dea Sekhmet illustrano le particolarità della dimensione religiosa egizia, e il complesso rapporto vita – morte – nuova vita.
La seconda sezione illustra la costruzione delle tombe, la struttura e la decorazione, attraverso anche dei modellini storici, come quello della tomba della regina Nefertari ideato dall’egittologo Ernesto Schiapparelli (1905).
Se nelle tombe reali vediamo celebrate la vita e il culto del faraone – con statue in granito e in legno, vari sarcofagi, delicati papiri, steli con rilievi incisi, e ancora anfore, amuleti e rari strumenti musicali – nelle tombe degli abitanti del villaggio di Deir el-Medina troviamo raffigurazioni quotidiane e corredi funerari semplici – fusaiole, cesti, spatole – oggetti che raccontano le attività domestiche e la quotidianità di quella piccola comunità. È la storia ordinaria di uomini comuni – di scribi, disegnatori, operai, artigiani e artisti – che però con il loro umile lavoro materialmente sono stati “I creatori dell’Egitto Eterno”.
Originali e insoliti sono i numerosi “ostraka” – frammenti di vasi o schegge di pietra utilizzati dagli Egizi per esercitarsi nella scrittura e nel disegno – che hanno la funzione del nostro blocco notes o del tablet contemporaneo. I testi tramandati sono di varia natura: da documenti amministrativi ed economici a scritti di carattere religioso o letterario, poesie d’amore e lettere private. In questi nostri anni di ristrutturazioni edilizie, mi è sembrato particolarmente attuale e gustoso l’Ostracon che riporta l’ordine di 4 finestre, fornendo il disegno e le misure.
L’ultima sezione, la più corposa, racconta la vita oltre la morte a partire dai corredi delle tombe: molti i manufatti in faience turchese, come gli ushabti del faraone Seti I – statuette di piccoli servitori che avrebbero dovuto alleviare le sue fatiche nell’aldilà – o la straordinaria mummia con sarcofago della signora della Casa di Tariri.
I diversi sarcofagi illustrano l’ultima dimora del corpo, e le mummie con la loro presenza ripongono questioni etiche sull’esposizione dei reperti umani. Reperti di rilievo sono il sarcofago antropoide di Khonsuirdis e il celebre corredo della regina Nefertari proveniente da una delle più belle tombe della Valle delle Regine.
Alla fine del percorso vi sono alcuni contenuti multimediali, che senza sostituirsi all’imprescindibilità della cultura materiale, intendono ampliare, come una sorta di “doppio digitale”, le informazioni e le conoscenze desunte dagli oggetti.
L’allestimento è molto elegante, anche se la scarsa illuminazione e le didascalie piuttosto piccole rendono difficile la leggibilità. Scaricabile attraverso Qrcode la piacevole guida del curatore, indispensabile per comprendere il percorso e gli intenti della mostra.
L’esposizione è stata voluta dalla Città di Vicenza e curata da Christian Greco, Direttore del Museo Egizio, con Corinna Rossi, docente di Egittologia al Politecnico di Milano, e dagli egittologi e curatori del Museo Egizio, Cédric Gobeil e Paolo Marini.
Informazioni:
www.mostreinbasilica.it