Piantedosi lancia un ‘Piano rimpatri’, per rimandare subito a casa chi non può fare richiesta d’asilo
Rinviato l’accordo a livello europeo per l’opposizione di Polonia e Ungheria sui migranti, l’Italia corre ai ripari con un ‘piano rimpatri’ che punta a rimandare a casa 12mila persone, tra cui ottomila ivoriani e oltre quattromila tunisini.
Questi i numeri di quanti non avrebbero le carte in regola per inoltrare una richiesta di asilo e se il piano andasse in porto, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi potrebbe arrivare lì dove nessuno è mai riuscito, ovvero dei migranti che ricevono un decreto di espulsione.
Le nuove norme del decreto Cutro puntano a creare due percorsi differenti già allo sbarco, tra chi è candidato alla richiesta d’asilo e chi no, con aree di trattenimento già allo sbarco e procedure di frontiera accelerate per valutare le posizioni dei migranti che arrivano dai Paesi cosiddetti sicuri e dunque con scarsissime possibilità di vedersi concedere l’asilo. Su tutti Costa d’Avorio e Tunisia, con i quali esistono già accordi di riammissione.
Per procedere occorrono uomini, mezzi e strutture che al momento non ci sono e con i numeri degli sbarchi in aumento a causa del bel tempo non sembrano implementabili nel brevissimo periodo. A tal proposito è stato istituito un tavolo tecnico per recuperare al più presto, infrastrutture di trattenimento dei candidati al rimpatrio immediato, uomini e terminali per procedere alle operazioni di identificazione e valutazione delle richieste. Ma servono anche giudici di pace per accelerare le procedure di eventuali ricorsi in modo tale da evitare che i rimpatri seguono la via ordinaria attraverso i Cpr, allungando i tempi.
Altro nodo sono i fondi: i rimpatri costano. Circa dieci milioni di euro l’anno per riportare indietro circa 5.000 persone, secondo quanto ha calcolato la Corte dei Conti. Per raggiungere l’obiettivo del piano ce ne vorrebbero almeno il triplo e il contributo del fondo europeo previsto dal nuovo Patto asilo e immigrazione per la difesa dei confini esterni è molto lontano da questa cifra.
Individuare le aree per realizzare le strutture dove poter trattenere sin da subito i migranti in arrivo da Paesi sicuri. La soluzione più immediata trovata è quella di ricavarle nelle località di sbarco sedi di hotspot, come Pozzallo, Messina, Taranto ma si pensa anche Crotone per gli arrivi in Calabria. Esclusa Lampedusa già sotto stress per i continui overbooking dell’hotspot dell’isola. Il tutto mentre le presenze di migranti sono aumentate esponenzialmente, arrivando a sfiorare le 117.000, una cifra mai così alta negli ultimi quattro anni.