Jeio e quel gelato senza tempo: ‘Quale chiudere, a 87 anni sono ancora pieno di entusiasmo’
Più che una garanzia, è un’istituzione vera e propria: a Cogollo e in tutta la Valle dell’Astico quando dici gelato, dici Jeio. Gelato alle creme o alla frutta che sia, è così ormai da ben 55 anni quando lui, Jeio, all’anagrafe Eusebio Pozza classe 1936, rilevò l’osteria che fu prima del nonno e poi del papà per farne appunto una gelateria: da allora l’artigiano della dolcezza più famoso della provincia non hai mai smesso di distribuire coni e coppe farcite dei gusti più disparati per la gioia di grandi e piccini.
Al bivio tra Via Roma e Via Croce nella strada che sale verso la Chiesa dell’Olmo, lo storico locale la cui vera intestazione – ignota ai più – sarebbe ‘Ai 2 Mori’ – prese forma nel 1898 come classica taverna di paese dove bere un ‘goto de quel bon’ e fare una bella partita a carte. Il padre Abele mancò che ‘Jeio ‘ era appena nato e da lì fu il nonno il vero punto di riferimento, senza dimenticare naturalmente mamma Anna, una vera roccia e un approdo sicuro anche dietro il bancone: “A ispirarmi e a farmi decidere di intraprendere la carriera di gelataio – racconta Eusebio fermandosi in piedi, pronto a servire il prossimo cliente – è stato un viaggio a Longarone dove vidi alcuni maestri gelatieri intenti nel loro lavoro. Il tempo di affinare la tecnica ed i clienti fortunatamente arrivarono ben presto: abbiamo sempre servito tutti con passione e col sorriso, in un locale semplice ma sempre pulito e spero accogliente”.
Ma non sono mancate le disavventure, la più brutta nel giugno del 1990 quando Eusebio fu vittima di una rapina a mano armata: “I ladri entrarono in casa e mi accoltellarono – racconta Eusebio ancora scosso al ricordo – ma mia madre non si fece spaventare e la sua prontezza di riflessi oltre che di spirito, dopo che si fecero cadere l’arma a terra, li indusse alla fuga: avrebbero potuto uccidermi e invece scapparono a mani vuote. Anche in quell’occasione mia mamma è stata il mio angelo custode: è mancata nel 2004, l’altro momento buio in una vita comunque felice”.
Una felicità data dall’amore per il proprio lavoro, dalla soddisfazione e dalle recensioni di clienti che fanno decine di chilometri per venire in questo piccolo regno dove il tempo sembra essersi fermato e dove, in particolare, c’è una cosa che più di tutte gratifica il mastro gelatiere ed un po’ il segreto per battere anche il tempo che passa e sembra però non farsi troppo sentire: “Adoro i ragazzi, sentirli entrare con il loro carico di gioia e di buonumore – spiega illuminando lo sguardo di quella bontà genuina che apre il cuore – mi fa sentire giovane. Mi vogliono bene e sento che vengono anche un po’ per me oltre che per il mio gelato”.
E si sa che se i ragazzi vanno da lui e il loro portafogli ‘piange’, una pallina comunque è garantita: “Dalla vita ho avuto questa attività, il Covid sembrava aver fiaccato gli animi e ho quasi temuto di finirla così, senza salutare gli amici di una vita, ma poi tutto è ripartito ed io ho ritrovato l’entusiasmo: di chiudere non ci penso nel modo più assoluto. Ad ottobre compirò 87 anni, ma finché da lassù il buon Dio mi concede la salute, io non mollo. E poi, vorrei morire qui: qui dove prima di me sono morti i miei cari. Parenti non ne ho più ormai: tra queste mura c’è tutta la mia vita”.
Tra un chiacchiera col cliente ormai affezionato, la frutta fresca da affettare nel retro bottega ed un bambino che preme la manina contro la vetrina dei gelati quasi a volerli afferrare. E quella routine ormai sacra a Cogollo e non solo che ogni giorno aspetta di vedere Jeio indossare la sua divisa bianca candida e mettersi dietro a quel bancone con quella grazia che racconta tutto senza bisogno di troppe parole.
con la collaborazione di L. Schiesaro e L. Zorzi
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