Villorba, in fila per la foto strappa like: è assalto al “Villaggio delle Zucche”
Siamo ancora in grado di visitare qualcosa senza che l’ansia da foto prenda il sopravvento sulla bellezza della visita in sè? La domanda sorge spontanea recandosi nell’ormai noto “Villaggio delle Zucche” di Nonno Andrea a Villorba, non distante da Treviso.
L’ultimo fenomeno di costume di un trend già visto, per citare un altro caso fra tutti, con le opere di Martalar, dal Drago poi ridotto in cenere alla più recente Aquila nel comune di Grigno: un assalto di gente che per lo più vuole fare poca strada, posteggiare in prossimità dell’installazione, fotografare e soprattutto farsi fotografare, e andarsene.
Basta scorrere le immagini pubblicate su Facebook o su Instagram per capire la portata di un fenomeno diventato virale: intere famiglie che anche dal vicentino si sono messe in coda già da fine settembre per andare a vedere questa enorme distesa con oltre 300mila zucche acconciate per Halloween o semplicemente a formare simpatiche decorazioni, per comprendere di che cosa stiamo parlando. Certo non ci sono solo campi e ortaggi, ma un vero e proprio percorso di giochi e attrazioni con tanto di area ristoro a tema, una variegata presenza di artisti ad animare ospiti di ogni età e persino un allegro trenino che scorrazza sbuffando tra le viuzze colorate d’arancio: nulla di strano, se non fosse per le vere e proprie e code a caccia dello scatto perfetto.
“Ho convinto mio marito ad andarci dopo che me ne avevano parlato le colleghe al lavoro – racconta Vanessa D.C. di Bassano del Grappa – e mai mi sarei aspettata quello che poi ho visto. Sarà che avevo un’idea molto più grezza e quasi romantica, di fattoria di un tempo, e invece mi sono trovata davanti una piccola Gardaland. E non dico per il biglietto – dai 4 anni si paga dai 6 euro infrasettimanali agli 8 euro a persona nel weekend – ma proprio per l’impatto già da subito con tanto di parcheggio diviso in aeree numerate ed una grande quantità di parcheggiatori. Per carità, sicuramente organizzatissimi: la cosa però che più mi ha scioccato, è la fila di gente che attendeva per farsi la foto.
C’è chi è venuto col vestito a tema Halloween, chi pur essendo ieri il terreno fangoso a causa delle piogge, non ha rinunciato al tacco e alla gonna corta, chi provava lunghe sessioni di bacio con la dolce metà pur di trovare l’angolazione migliore: quasi che l’obiettivo unico della gita fosse tornarsene a casa con lo scatto strappa like da pubblicare. Che venga bene quello, il resto è contorno. Io ho due bimbi piccoli che si sono divertiti, ma tutto questo mettersi in posa con gente persino attrezzata di piccole lampade portatili per armonizzare la luce , mi ha lasciata turbata. A tutti piace scattare la foto immortalando qualcosa che ci colpisce, ma aspettare venti minuti o più per farlo con questa modalità quasi ossessiva, anche no”.
“Mode” direbbe qualcuno, un “nonsense vagamente patologico” direbbe qualcun altro: di certo un’occasione sprecata per capire che un occhio più attento e una mente capace di sconnettersi dal bisogno di ricondurre tutto ad un’immagine da salvare sullo smartphone, potrebbe cogliere molto di più. E arricchire, anzichè una memoria artificiale, un ricordo personale davvero incancellabile.