Autobus precipitato dal cavalcavia di Mestre: c’è un quarto indagato. Morirono in 21
Una conferma e una potenziale novità sono emerse in merito alle indagini intorno alla strage dell’autobus di Mestre, precipitato nella prima serata del 3 ottobre dal cavalcavia provocando la morte di 21 persone: i 20 passeggeri (erano tutti di diverse nazionalità straniere) e dell’autista trevigiano Alberto Rizzotto, di 40 anni.
Nei giorni scorsi, infatti, come recita l’agenzia di stampa Ansa, è iniziata la doppia perizia tecnica sia sui rottami del mezzo di trasporto pubblico – ancora custodito e transennato nel piazzale del mercato ortofrutticolo di Marghera – sia sul punto di caduta dell’autobus, dopo la rimozione delle barriere guard-rail e della cuspide danneggiate, poste sotto sequestro. I sopralluoghi risultano in corso da giovedì della settimana precedente.
Inoltre, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati un quarto nominativo, per quanto dalla Procura lagunare non siano stati emessi comunicati ufficiali in merito – si tratterebbe di un funzionario del Comune di Venezia – che va ad aggiungersi ai tre già noti. A distanza di due mesi dal terribile incidente, dunque, dopo che il flusso di cronaca sui media ha spostato l’attenzione su altri lidi rispetto a quello adriatico, l’inchiesta giudiziaria va avanti. Oltre all’amministratore delegato della società che aveva affittato il bus – Massimo Fiorese, 63 anni – risultano agli atti i nominativi di due dipendenti pubblici del Comune, Roberto Di Bussolo, 51 anni, e Alberto Cesaro, 47. Dopo gli avvisi di garanzia, i tre hanno nominati i loro periti che stanno partecipando ai sopralluoghi.
In attesa di responsi anche l’efficacia o meno del tentativo di recuperare elementi utili dalle registrazioni interne all’autobus. Le cosiddette “telecamere di bordo”. Sarebbero due, ma nessuna puntata sull’autista per la legge sulla privacy. Lo schianto e soprattutto l’incendio successivo potrebbero però aver distrutto i filmati: schede di memoria e supporti digitali sono stati rimossi nei giorni scorsi e affidati allo studio tecnico-informatico qualificato di Asolo per tentare di “salvarli” e renderli utili alle indagini.
Il mezzo di trasporto persone di produzione cinese, modello Yutong E 12, è rimasto sotto sequestro giudiziario nel piazzale dal giorno successivo allo schianto e alla strage. Aveva solo un anno di vita dalla sua messa in strada: circostanza, questa, che metteva in secondo piano – ma non la escludeva – l’ipotesi di un guasto tecnico rispetto a quella primaria di un malore di natura cardiaca accusato dal guidatore che però non avrebbe trovato conferme. Entrambe, ad oggi, sono tutte da dimostrare, al netto delle ispezioni di questi giorni e le verifiche sulla tenuta e sulla resistenza di eventuali bulloni difettosi. Entro metà dicembre dovrebbero essere acquisiti anche gli esiti completi dell’autopsia particolare effettuata sulla salma del trevigiano, un elemento fondamentale per l’inchiesta.