Saluto romano, Cassazione: “Contro il saluto romano applicare la legge Scelba”
La Cassazione ha deciso che per il saluto romano va contestata la legge Scelba sull'apologia del fascismo, e in particolare l'articolo 5. Disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016. I giudici, inoltre, ritengono che “a determinate condizioni può configurarsi anche la violazione della legge Mancino”.
Nelle informazioni provvisorie la Suprema Corte afferma che la “chiamata del presente” o “saluto romano” è “un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista. Esso integra il delitto previsto dall'articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista” I giudici, inoltre, ritengono che “a determinate condizioni può configurarsi” anche la violazione della legge Mancino' che vieta “manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”.
Con l'ultima sentenza, le Sezioni unite della Cassazione hanno così annullato la condanna nei confronti di otto persone che avevano fatto il saluto romano durante un corteo commemorativo di estrema destra a Milano nel 2016, disponendo un nuovo processo di appello. I militanti celebravano la memoria del membro del Fronte della Gioventù Sergio Ramelli, ucciso nel 1975. Gli imputati erano stati assolti per l'assenza dell'elemento soggettivo e poi condannati in secondo grado, nel 2020, in riferimento alla legge Mancino del 1993 che punisce le manifestazioni pubbliche di ideologie discriminatorie.
L'articolo 5 della legge Scelba del 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione, in relazione al saluto romano, prevede che “Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni”.
Su quanto deciso tagliano corto le difese, per le quale la Cassazione ha stabilito oggi “che il saluto romano non è reato”. “Se mancano sia il tentativo di ricostituzione del partito fascista o programmi di discriminazione ovviamente non è reato – afferma l'avvocato Domenico Di Tullio -. La cerimonia del 'presente' quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anni, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Fonti vicine all'esponente di Fratelli d'Italia affermano che La Russa “attendeva con interesse di conoscere l'esito della imminente decisione a sezione riunite della Cassazione” perché riteneva “occorresse chiarezza”. Non si è però espresso, ma si è limitato a far sapere che la decisione della Cassazione “si commenta da sola”.
Il portavoce di CasaPound, Luca Marsella ha dichiarato: “Continueremo a fare il saluto romano. Come già ribadito, continueremo anche a organizzare commemorazioni ad Acca Larentia”.