Sanremo, ira di Israele: “Palco usato per diffondere odio”. La Rai prende le distanze
L’ira di Israele incombe su Sanremo. Le prese di posizione di alcuni cantanti nel corso della 74esima edizione del Festival diventano un caso. “Ritengo vergognoso che il palco sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile” ha scritto in un post su X l’ambasciatore di Israele a Roma, Alon Bar. “Nella strage del 7 ottobre – si legge ancora nel post – tra le 1200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival. Altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi. Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà. È un peccato che questo non sia accaduto”.
“Indiziato” numero 1 delle proteste dell’ambasciatore, seppur non menzionato eplicitamente, Ghali che, oltre ad aver inserito nella sua canzone Casa mia alcune frasi che sembrano fare riferimento a quanto starebbe accadendo nella Striscia di Gaza , ieri sera ha rincarato la dose chiedendo dal palco lo “stop al genocidio”. Oggi il cantante ha replicato così alle parole di Bar: “Ho sempre parlato di questi temi da quando sono bambino. Non dal 7 ottobre. Il fatto che l’ambasciatore parli così non va bene, continua la politica del terrore, la gente ha paura di dire stop alla guerra, stop al genocidio, stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace”.
La Rai prende le distanze. “Ho vissuto assieme all’ambasciatore Bar ed alla presidente Di Segni gli eventi che la Rai ha dedicato alla memoria della Shoah nell’ultima settimana di gennaio. E ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano – e continueranno a farlo – la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele ed alla comunità ebraica è sentita e convinta”, ha affermato l’Ad Roberto Sergio.